Prosegue con un riassunto aggiornato dedicato alla << Content Curation >> la nuova rubrica del nostro sito denominata: << archiviati >>. Spunti, ricordi, suggestioni e consigli estratti dal nostro archivio, ricavati dai nostri precedenti articoli, grazie ai quali cercheremo di fare il punto, il più possibile aggiornato, su uno dei temi caldi del nostro settore.
La Content Curation è a tutt’oggi uno dei concetti più controversi e meno compresi del giornalismo di ogni tempo, ancora di più di quello digitale, di cui a nostro avviso è invece uno dei fondamenti. Molti la vedono come una minaccia all’integrità giornalistica, altri la considerano una fonte di guadagno ed un modo efficace per raggiungere e coinvolgere il pubblico, pochi la usano e la considerano un modo per svolgere il proprio lavoro di giornalista.
Il giornalismo del presente passa attraverso un profondo e complesso cambiamento che si estrinseca anche nell’individuazione di nuove pratiche e nuove figure professionali. La Curation è una di queste e i curatori, che potremmo chiamare anche giornalisti, ma non solo, sono quelli che la praticano.
Abbassare il livello del rumore che l’immensa mole di informazioni online provoca e provare a interpretare questa massa enorme di dati per creare dei percorsi preferenziali e soprattutto nuove narrazioni giornalistiche: questa è una delle funzioni primarie della curation.
A digit14 il giornalista ed esperto di web Carlo Felice Dalla Pasqua durante un workshop dedicato proprio alla Curation così raccontava una sua esperienza in tal senso:
”Circa tre anni fa mi trovavo al desk del Gazzettino, quotidiano per cui lavoro, e ho scoperto su twitter un signore di Venezia che si trovava in America ed è stato coinvolto in un’operazione della polizia americana per sventare un rapimento. Tutto questo lo ho scoperto seguendo i tweet di questo signore in cui lui raccontava la sua esperienza. Nel giro di un paio d’ore seguendo l’evoluzione del dialogo sui social mi sono convinto che ci fosse una notizia da raccontare. Invece di scrivere un pezzo “normale” ho deciso di utilizzare un diverso strumento di narrazione a disposizione online, un software semplice ed efficace che si chiama storify ”
”Ci sono due modi per fare curation a mio avviso, – ha detto ancora Carlo Felice Dalla Pasqua – organizzando e pubblicando contenuti caldi, ovvero fatti che stanno accadendo, oppure fare la stessa cosa per notizie a più ampio respiro che definiremo contenuti freddi.
La curation del primo tipo è meglio definibile con un altro termine che è liveblogging e si realizza, per quanto ne so io, solo con strumenti a pagamento. Ad esempio usando la piattaforma Scribble Live.
I contenuti freddi invece si possono pubblicare anche con una serie di strumenti non a pagamento, come ad esempio, storify che abbiamo già visto prima. ”
La curation, come dice Claudia Dani, nostra collega e associata in Lsdi, è anche un’ importante regola da darsi per lavorare meglio se facciamo i giornalisti o i comunicatori:
” Costruire una routine quotidiana può sembrare, almeno ad alcuni, una cosa noiosa. In realtà imporsi una serie di azioni codificate e da ripetere ogni giorno può salvarti la vita dallo stress. Soprattutto se vi occupate di content curation per altri. E se siete freelance.
L’obiezione che mi farete è: ricercare notizie sui temi che mi interessano è una cosa che mi diverte e che faccio tutti i giorni… ricordate che ci sarà il giorno in cui non avrete tutto il tempo che serve per farlo e allora si che rimpiangerete di non esservi imposti una noiosa routine”.
Di seguito il “metodo” Dani raccontato e visualizzato.
Uno dei maggiori esperti italiani di curation è Robin Good, un non giornalista per scelta che ha molto da insegnare ai giornalisti partendo dal marketing, dall’osservazione, l’uso e la “prova su strada” degli strumenti digitali. Proprio alla sperimentazione e allo studio degli strumenti digitali per realizzare un buon lavoro di curation Robin ha dedicato e dedica molto del suo tempo.
In pochi anni e grazie alla comprensione del fenomeno e alla nascita di sempre più sofisticati e migliori strumenti di curation sono nati, in forma digitale, centinaia, se non migliaia, di nuovi – come definirli – strumenti di informazione? La legge non aiuta, le norme vigenti nemmeno, il reato di esercizio abusivo della professione è ancora lì pronto a travolgere e travolgerci ( possiamo ironizzare?); nonostante questo su piattaforme come Medium vengono pubblicati ogni giorno contenuti rielaborati di produzioni di altri che diventano poi “nuovi” prodotti di informazione essi stessi. Dunque dove sta l’errore?
Per meglio comprendere e magari provare ad utilizzare gli strumenti digitali per realizzare lavori di curation in chiusura di questo post << d’archivio >> vi suggeriamo una visita qui e buon lavoro!