Quando sono arrivati in tribunale ad Istanbul per la seconda udienza del processo che li vede imputati per spionaggio e sostegno a organizzazioni terroristiche i due giornalisti di ‘Cumhuriyet’, Can Dundar ed Erdem Gul, sono stati accolti da una folla di attivisti e colleghi con cartelli inneggianti alla libertà di stampa e con slogan contro le ingiuste incriminazioni a loro carico.
Alcuni di loro avevano la bocca coperta dal nastro adesivo a simboleggiare la censura attuata dal governo turco.
I due cronisti sono finiti sotto inchiesta per aver denunciato presunte forniture di armi dirette verso la Siria. Arrestati e tenuti in carcere per 92 giorni, sono stati rilasciati a fine febbraio in seguito a una sentenza della Corte costituzionale.
Il processo, ripreso il 2 aprile, proseguirà a porte chiuse, condizione che potrebbe favorire un giudizio sfavorevole a prescindere dal dibattimento e una condanna all’ergastolo se riconosciuti colpevoli.
Gli avvocati hanno riferito che Dundar ha affermato durante l’udienza che non si tratta solo di un processo contro due reporter ma contro tutto “il giornalismo, il diritto di ottenere le informazioni e il diritto della società di avere accesso a tali informazioni”.
Dundar ha aggiunto che il caso rappresenta un conflitto tra la stampai da un lato, e il presidente Recep Tayyip Erdogan e l’intelligence turca dall’altra.
I giornalisti furono arrestati a novembre 2015. Lo scorso febbraio la Corte Costituzionale ha stabilito che con l’incarcerazione e la detenzione erano stati violati i diritti dei due uomini e ne aveva disposto l’immediato rilascio.
Ma il tribunale di Istanbul non ha archiviato il caso e ha dato il via al dibattimento stabilendo che tutte le udienze si terranno a porte chiuse.
Lo stesso giorno in cui riprendeva il processo a Dundar e Gul, il presidente americano Barak Obama ha stigmatizzato l’atteggiamento di Erdogan nei confronti dell’informazione affermando che “alcune tendenze della Turchia destano preoccupazione”.
Obama ha definito preoccupante l’approccio della Turchia verso i media e “potrebbe portare il paese sulla strada sbagliata” ricordando, invece, la sua essenza di forte sostenitore della libertà di stampa.
Per il presidente statunitense l’atteggiamento verso i giornalisti, quelli sotto inchiesta e sottoposti a continue censure, potrebbe essere il primo passo di un “lungo e pericoloso percorso” e non ha esitato a farlo presente alle autorità turche.
Le osservazioni di Obama in conferenza stampa, stimolate da una domanda sulla deriva del presidente Erdogan definita “autoritaria”, sono arrivate a distanza di poche ore dall’aggressione di alcuni giornalisti ad opera delle guardie di sicurezza del leader turco che hanno molestato esponenti della stampa davanti al Brookings Institute.
Erdogan, ovviamente, ha reagito con sprezzante aggressività accusando il presidente Usa di averlo colpito alle spalle criticandolo per la mancanza di libertà di stampa in Turchia e ha evidenziato come, durante il suo colloquio con Obama la ‘questione’ non fosse venuta fuori.
Ciò che più ha infastidito Erdogan è stata la fermezza con la quale l’omologo statunitense ha affermato che non si possano considerare insulti e minacce la libertà di stampa o le critiche.
Quello che non dice Obama è che il presidente turco fa di peggio, considera e fa giudicare come ‘spie’ e ‘terroristi’ i giornalisti che si permettono di scrivere contro di lui. E quando non ci riesce chiude i giornali o li mette sotto tutela amministrativa e cambia i direttori, come è avvenuto per il più diffuso quotidiano di opposizione Zaman, che aveva la sola colpa di non voler passare ‘veline’ di Stato e portava avanti inchieste sulle violazioni perpetrate dal governo turco e denunciava l’autoritarismo sempre più pressante di Erdogan.