Eccolo in tutto il suo scandalo, il pensiero unico italiano, quello che si ostina a convincere che pluralismo significhi proporre un discorso plurilaterale improntato su un unico, lineare motivo. Un pluralismo che viene ancora basato su elementi di moralità piuttosto che di etica, e di giudizio, piuttosto che di immaginario collettivo. Nelle ultime ore, la giornalista Franca Leosini sta ricevendo molte critiche per il suo programma “Storie maledette” di cui è anche autrice. Tuttavia, non è il format in sé ad aver agitato gli animi di alcuni suoi colleghi ma le persone, i reclusi e le recluse, intervistate nel suo programma. Nel nostro paese si preferisce non sapere, si conserva quel senso morale che scade in ipocrisia omertosa e che preferisce chiedere a informatori capaci di raccontare con abilità di mediazione, piuttosto che ai diretti interessati. E’ come se il senso della verità dovesse nascondere le sue accezioni negative, quelle che generano compianto, misera, rabbia, rassegnazione. E’ risaputo che in caso di reati, indagini, inchieste, bisogna tener conto di elementi quale il male, la malvagità, l’imputabilità, la premeditazione ma disvelare l’efferatezza con incursioni costanti di richiamo alla consapevolezza del male che si è compiuto, deve essere riconosciuto nella sua valenza divulgativo pedagogica, proprio perché scomoda e necessaria per evitare che situazioni del genere possano ripetersi.
Screditare un programma che viene condotto con maestria e professionalità, che non giudica perché è successivo al giudizio del magistrato, e soprattutto, che ricostruisce, insieme ai diretti interessati, la biografia di delitti efferati partendo dal materiale probatorio degli atti di sentenza, è abiurare un programma che fa servizio pubblico, e che, per quanto possa destare dubbi, è utile anche ai non addetti al lavoro. Nel programma dedicato al mostro dell’acido sono stati mandati in onda anche spezzoni di intervista alla vittima del reato, e l’incalzare delle domande della conduttrice rispetto alle motivazioni e alle conseguenze generate da un gesto così atroce sono state ribadite durante l’intera trasmissione. Storie maledette è un programma molto interessante e ben articolato perché, a differenza della spettacolarizzazione mediatica che viene compiuta da tanti programmi televisivi proprio durante le delicate fasi processuali, quasi a voler dividere in colpevolisti e innocentisti l’opinione pubblica, non compie alcun incoraggiamento in tal senso. Franca Leosini, giornalista pluripremiata nel campo giornalistico, ha il gran merito di richiamare costantemente a un forte senso di responsabilità, all’ammissione del fatto compiuto partendo dagli atti di sentenza e dunque, dall’assunto del “già” definitivamente giudicato.