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Polonia, controllo sui media
e spionaggio di massa

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Dallo scorso ottobre, con la vittoria alle elezioni parlamentari del Partito diritto e giustizia di Jaroslaw Kaczynski, la Polonia è profondamente cambiata. Il “diritto” si è trasformato in una serie di nuove leggi vendicative e discrimatorie, la “giustizia” è a uso e consumo della destra anti-Ue al potere. Gli emendamenti alla Legge sulla Corte costituzionale, approvati dal parlamento a dicembre, hanno compromesso il funzionamento del massimo organo di giustizia: non solo è stato introdotto un “periodo d’attesa” prima di sottoporre al suo esame le nuove leggi ma l’eventuale giudizio d’incostituzionalità dovrà essere sostenuto dai due terzi dei componenti della Corte, anziché dalla maggioranza semplice.

Sempre a dicembre, i mezzi radiotelevisivi pubblici sono finiti sotto il diretto controllo ministeriale. Il governo può ora nominare e licenziare  dirigenti, capistruttura e altri funzionari di primo livello. Incurante delle proteste della società civile polacca e delle preoccupazioni espresse dalla Commissione europea, il Partito diritto e giustizia va avanti. Approvata il 29 gennaio dal Senato, entrerà presto in vigore una nuova legge sui poteri di sorveglianza della polizia e delle altre agenzie di sicurezza, che rischia di violare profondamente il diritto alla riservatezza.

Lo scopo della nuova legge è ufficialmente quello di dare attuazione a una sentenza della Corte costituzionale del luglio 2014 sui poteri di sorveglianza. Di fatto, però, si tratta di un’espansione arbitraria di tali poteri nei settori delle comunicazioni e della conservazione dei dati.

Ecco i punti più controversi della nuova legge:
– l’assenza dell’obbligo di chiedere e ottenere l’autorizzazione di un giudice o di un’altra autorità indipendente prima di attivare la sorveglianza per la raccolta di dati;
– l’estensione dell’applicazione dei cosiddetti “metodi d’indagine coperti” su una serie di reati definiti in modo del tutto generico;
– l’uso di strumenti di sorveglianza per raccogliere “dati online” allo scopo di analizzare e conservare informazioni personali sugli utenti di Internet, senza l’obbligo di alcuna autorizzazione preventiva;
– la mancanza di garanzie a protezione di informazioni coperte da doveri di riservatezza, come le comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti o quelle tra i giornalisti e le loro fonti.

Per di più, la legge non prevede l’obbligo di informare le persone sottoposte a sorveglianza, ovviamente né all’inizio ma neanche a conclusione della stessa. Sarà praticamente impossibile per chiunque rendersi conto di essere oggetto di spionaggio illegale o denunciare l’abuso dei poteri di sorveglianza.


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