Come è possibile che ci siano ancora italiani e non semplici cittadini ma funzionari dello Stato e magari alti funzionari come il prefetto di Roma ed ora commissario per la capitale Gabrielli che dicono di aver scoperto oggi che mafia e corruzione hanno campo libero nella capitale italiana? Eppure succede proprio questo malgrado l’inchiesta giudiziaria tuttora in corso su mafia-capitale e il fatto che la relazione annuale redatta dal segretario generale e capo della direzione Trasparenza del comune di Roma Serafina Buanè (di cui ha appena parlato il quotidiano Il Messaggero). Nessuno dei 26 dipartimenti e dei 15 municipi durante il 2015 è esente da fenomeni di corruzione e c’è nella grande città una “totale carenza di cultura dell’etica” al punto che “la trasparenza viene vissuta come un mero adempimento”.
Accertate oltre 150 violazioni (tra cui concussione per l’esercizio della funzione e corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, rifiuto di atti di ufficio) di cui 61 per fatti penalmente rilevanti a carico dei dipendenti e 26 di corruzione. Cinque i dipendenti licenziati, uno sospeso dal servizio, e dalla retribuzione, 57 quelli colpiti da sanzioni disciplinari. Affidamento servizi e forniture e l’area dei controlli gli ambiti maggiormente interessati dal fenomeno che si rivela però completamente trasversale tanto da coinvolgere tutte le aree amministrative del fenomeno. Dall’ambiente alle politiche sociali e abitative passando per i lavori pubblici e la gestione del controllo del territorio. E’ proprio il mancato controllo e monitoraggio sull’operato dei dipendenti, nonostante un aumento dei controlli rispetto all’anno precedente a finire sul banco degli imputati insieme all’esclusione da ogni tipo di verifica delle “determinazioni il cui valore è sotto i 200mila euro).
Sono pochi gli strumenti in mano alla direzione Trasparenza. “Il Campidoglio-conclude il rapporto- si presenta come una “macchina amministrativa macroscopica dove la dimensione e la complessità della macrostruttura costringono ad operare in condizioni di particolare difficoltà organizzativa ” e in cui “emerge la saldatura tra mafia e politica che si realizza attraverso una rete capillare di relazioni che mirano ad alterare le determinazioni della pubblica amministrazione.” Una pietra tombale insomma per chi non sa o non vuol vedere la realtà di fronte alla quale siamo da tempo.