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Iran Human Rights Italia a Matteo Renzi: il dialogo con Teheran non deve far passare in secondo piano i diritti umani. Record di esecuzioni durante la presidenza di Rouhani

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Come organizzazione per la difesa dei diritti umani in Iran, Iran Human Rights Italia (IHRI) ha accolto con favore la positiva conclusione delle trattative sulla questione nucleare e la conseguente fine dell’isolamento internazionale che ha interessato per anni la Repubblica Islamica dell’Iran. Oggi Teheran può ricoprire un ruolo importante nel complesso teatro mediorientale e l’Italia, come suo interlocutore privilegiato, può contribuire alla rinascita economica del Paese, ma deve anche richiamare l’Iran al rispetto degli standard internazionali relativi ai diritti umani. L’Italia, Paese capofila per l’abolizione della pena di morte nel mondo, non può chiudere gli occhi di fronte ai drammatici numeri sulla pena di morte in Iran. Secondo i dati raccolti da IHRI, nel 2015 le esecuzioni sono state più di 900. Proprio sotto la presidenza di Rouhani si è registrato il numero più alto di persone messe a morte negli ultimi 25 anni. “A far crescere a dismisura le statistiche delle esecuzioni capitali in Iran sono le pene comminate per reati di droga – sottolinea Cristina Annunziata, presidente di IHRI – 2500 persone sono state messe a morte, negli ultimi cinque anni, per questo genere di reati”.

Il contrasto al traffico di stupefacenti in Iran è finanziato anche con le risorse internazionali dei programmi dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC). Diversi Paesi europei, quali Danimarca, Irlanda, Gran Bretagna, a fronte della constatazione che i finanziamenti a quei programmi si traducono, nel caso dell’Iran, in un incremento delle esecuzioni, hanno preso la decisione di non contribuirvi oltre. IHRI ribadisce, ancora una volta, la necessità che l’Italia faccia altrettanto, nel caso in cui l’Iran non cambi la legge in materia. Tuttavia, l’uso massiccio della pena di morte non è l’unica violazione dei diritti umani in Iran. La Repubblica Islamica continua ancora oggi, nel terzo anno del mandato di Hassan Rouhani, a condannare a pesanti pene detentive dissidenti, attivisti politici, difensori dei diritti umani, giornalisti, studenti, artisti, sindacalisti, membri di minoranze etniche, politiche e religiose che finiscono in carcere solo per l’esercizio del loro diritto alla libertà di opinione e espressione. La fine graduale delle sanzioni imposte all’Iran da Stati Uniti, Unione Europea e Onu segna una svolta epocale per l’Iran.

Lo scorso 16 gennaio, grazie al nuovo corso, le autorità iraniane hanno rilasciato quattro prigionieri con doppia nazionalità iraniana e statunitense, IRAN HUMAN RIGHTS ITALIA O.N.L.U.S. www.iranhr.it – E.MAIL: ufficiostampa@iranhr.it +39 327.8697107 accusati di spionaggio, tra i quali il giornalista Jason Rezaian, corrispondente del Washington Post da Teheran. IHRI ha accolto positivamente e con favore la liberazione dei detenuti, ma auspica che gli altri prigionieri politici e di coscienza della Repubblica Islamica possano essere rilasciati senza eventuali nuovi accordi o negoziati internazionali. E proprio negli stessi giorni in cui i quattro prigionieri con doppio passaporto hanno ritrovato la libertà, il blogger e attivista per i diritti umani Hossein Ronaghi Maleki è stato richiamato in carcere nonostante il suo grave stato di salute. L’Iran continua ad essere una delle peggiori carceri al mondo per operatori dell’informazione. Ad oggi sono circa 40 i giornalisti e blogger dietro le sbarre. Negli ultimi mesi la libertà di stampa e di espressione è costantemente sotto assedio, i gruppi conservatori cercano di utilizzare la censura e la galera per mettere a tacere il dissenso in vista delle prossime elezioni parlamentari. Nella morsa della repressione continuano a finire anche poeti, artisti e registi. Iran Human Rights segue da vicino il caso del giovane filmmaker curdo iraniano Keywan Karimi, condannato a sei anni di detenzione e a 223 frustrate. Nonostante la mobilitazione internazionale, e dopo l’udienza di appello dello scorso 23 dicembre, al regista ancora non è stata notificata la sentenza emessa dal giudice e non sa se la condanna di primo grado sia stata confermata o ridotta.

Al momento Karimi non può lasciare il paese e deve rinunciare a partecipare ai diversi festival internazionali in cui è stato invitato. “Ad oggi l’Iran vieta alle organizzazioni per i diritti umani indipendenti e ad Ahmed Shaheed, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Iran, di entrare nel Paese e di collaborare con le autorità locali per la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini – ha ricordato ancora Cristina Annunziata. “L’Italia, però, può svolgere un ruolo cruciale: favorire i rapporti economici con l’Iran senza trascurare le libertà e i diritti di milioni di cittadini. L’Italia e il nostro governo sapranno essere all’altezza di questo compito”, conclude la presidente di IHRI.


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