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USA, i piani di deportazione dei rifugiati del Centro America

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[Traduzione a cura di Benedetta Monti, dall’articolo originale di Danica Jorden pubblicato su openDemocracy]A causa del programma di deportazioni dei latino americani nel corso di quest’anno, gli Stati Uniti stanno condannando migliaia di persone a tornare alla violenza dalla quale sono fuggiti

Come è stato rivelato da un recente articolo apparso sul Washington Post, il Dipartimento per la Sicurezza Interna (Department of Homeland Security) degli Stati Uniti per l’anno nuovo ha in programma di eseguire irruzioni mirate:

“La campagna a livello nazionale che sarà portata a termine dagli agenti del Dipartimento dell’Immigrazione e della Dogana (ICE) nel mese di gennaio di quest’anno, rappresenterà il primo tentativo su vasta scala di rimpatriare le famiglie che sono fuggite alla violenza nell’America Centrale e che sono a conoscenza del suddetto programma.”

Secondo l’articolo, il programma riguarderà soprattutto gli adulti e i bambini che hanno ricevuto già l’ordine di rimpatrio da parte di un giudice competente in materia di immigrazione, ma si ammette anche che, a causa della disorganizzazione, molte persone non sono a conoscenza di tale ordine.

Nella lotta al rimpatrio, si è distinto un leader, Gustavo Torres, direttore esecutivo dell’organizzazione “CASA de Maryland“, che aiuta i rifugiati provenienti dal Centro America dal 1985. Parlando durante una protesta, Torres ha affermato:

Vogliamo dire al Dipartimento per la Sicurezza e al Presidente Obama che se metteranno in atto il programma, quelle famiglie e quei bambini saranno uccisi nel loro Paese di origine.

Torres sottolinea che agli immigrati dal Centro America dovrebbe essere riconosciuto lo stato di rifugiato perché in Paesi come il Guatemala, El Salvador e l’Honduras – quelli interessati al rimpatrio – il livello di violenza negli ultimi 30 anni è aumentato.

Vogliamo a questi rifugiati venga conferito un TPS (Temporary Protection Status, status di protezione temporanea). Ecco perché ci troviamo qui.

CASA de Maryland, e altre organizzazioni simili, hanno presentato una proposta che comprende la creazione di una rete nazionale di avvocati, operatori sociali, organizzazioni per la comunità e volontari per garantire la protezione dei rifugiati.

“Ricordate, non importa se esiste una documentazione su di voi. In questo Paese avete dei diritti. Tanto per cominciare, se l’ufficio immigrazione bussa alla vostra porta, non aprite. Chiedete di infilare i documenti sotto la porta, compreso l’ordine di rimpatrio… Se vi chiedono da quale nazione provenite o il vostro nome, rispondete che non avete l’intenzione di dare loro tali informazioni e che volete un avvocato.”

L’America Centrale ha livelli di violenza altissimi, e i giovani sono presi di mira dalle gang. Le più note sono la Mara Salvatrucha, o MS-13, e il Barrio 18, in origine conosciuta come la “Gang della 18° Strada”, dalla via di Los Angeles dovge il gruppo criminale si sarebbe costituito .

Va detto che tutte le gang, o “pandillas” come vengono chiamate in El Salvador, hanno orgine dalla politica sui rimpatri sotto l’amministrazione dell’ex Presidente Bill Clinton negli anni ’90, attuata nel momento in cui il Paese stava riemergendo dalla guerra civile e aveva sciolto le proprie forze di polizia. I membri delle gang formatesi nelle strade di Los Angeles, con legami apparenti con il proprio luogo di nascita, sono stati rimpatriati e, a causa della mancanza di una politica di estradizione, altri criminali hanno colto l’occasione per nascondersi in America Centrale.

Secondo un articolo del New York Times dell’epoca:

“La situazione potrebbe essere seria, ma El Salvador non è la sola nazione ad allarmarsi per la politica sui rimpatri di Washington. In tutta l’America Centrale e i Caraibi, dal Guatemala alla Guyana, i funzionari di governo hanno espresso la propria rabbia e frustrazione per questa crisi imposta dagli Stati Uniti e al di fuori del loro controllo.”

Nel 2014, dei circa 70.000 bambini catturati mentre cercavano di attraversare il confine con gli Stati Uniti, il 73% proveniva dal Guatemala, El Salvador e Honduras. Nonostante la recente normativa statunitense, come ad esempio il DREAM Act (il cui acrononimo sta per ” Development, Relief and Education for Alien Minors” – Sviluppo, aiuto e istruzione per gli stranieri minorenni), la DACA (Deferred Action for Childhood Arrivals) e la DAPA (Deferred Action for Parents of Americans), la priorità  dei rimpatri è riservata proprio a chi proviene dall’America Centrale. Questo, secondo le nuove direttive del Dipartimento per la Sicurezza Interna, che prende di mira chi è arrivato di recente e coloro che non hanno alcun legame personale negli Stati Uniti.

In programma anche una campagna educativa per informare la comunità sui propri diritti nel caso in cui le autorità dell’immigrazione si presentino a casa loro. Durante il fine settimana, Torres è apparso anche su una televisione di lingua spagnola e sulla pagina Facebook di CASA per dare consigli alle famiglie che rischiano il rimpatrio.

Da vociglobali


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