Assalire le donne, coprire con il velo le donne, vietare la guida alle donne, lapidare le donne, riempire il paradiso jihadista di donne.
La “peccatizzazione” della donna è un atto di gelosia dello sciamano. Che da sempre vive l’attrazione fisica che esercita una donna, come una minaccia all’attrazione spirituale del suo potere religioso. In questa competizione di dedizione si annida l’odio delle religioni per le donne. La loro riduzione alla sottomissione.
L’uomo non può e non deve controllarsi, dicono molte religioni. E’ la donna che deve nascondersi – in casa o nei teli quando esce – per non essere attraente. Così il peccato di tentazione diventa più grave di quello di reazione, aggressione, stupro. Il concetto è chiaro: se non amputi la tua bellezza, meriti l’aggressione del maschio che tu hai eccitato imprudentemente.
Scardinare il perverso concetto che una donna libera sia un “disturbo della pubblica quiete spirituale” è il primo elemento di integrazione tra diritti civili e posizioni religiose. Ma occorre “de-peccatizzare” la donna e la sua bellezza. E togliere alla religione il presidio del sesso, responsabilizzando uomini e donne sulla gestione dei loro ormoni.
Ci vorrà tempo e tenacia, perché il concetto di parità di genere e di rispetto della donna (e della sua bellezza) sia accolto da chi è stato educato al “pericolo” della donna indipendente. Il recente assalto di Colonia è un caso estremo di ginecofobia, ma del tutto in linea con il mito di Eva tentatrice.
Serve laicità per liberare la donna, occhi nuovi per rispettarla, ammirarla e stimarla.
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