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La sanità, il dramma del nostro paese di cui non si parla mai abbastanza

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Certo, parlarne nei giorni delle feste natalizie è fastidioso… ma “Repubblica” ha avuto la dignità giornalistica di farlo, pubblicando i dati – allarmanti e perfino misteriosi – dell’aumento di mortalità riscontrato dall’Istat nel 2015 fino al 31 agosto. Però è rimasta sola. Qualche citazione su pochi altri quotidiani, qualche riga su alcuni siti on line, per il resto silenzio. La “notiziola” è questa: se si mantiene il trend dei primi otto mesi dell’anno, al 31 dicembre in Italia ci sarà un aumento dell’11% dei decessi, riportando il paese ai dati del 1943! Sotto le bombe della seconda guerra mondiale si moriva in percentuale quanto si muore oggi.
Per ora ci sono solo i numeri, nei prossimi mesi ci saranno le analisi dei dati, le indagini epidemiologiche e le valutazioni scientifiche. Gli esperti del gruppo Neodemos sono allarmatissimi, Emergency parla di numeri “mostruosi”, gli statistici affermano che mai c’è stato grande scarto fra i dati parziali e quelli definitivi e il numero a fine agosto è chiaro: 445.000 decessi contro i 399.000 dell’anno precedente.
A questo punto l’impegno deve essere massimo per capire che cosa stia realmente succedendo. Ciascuno di noi purtroppo ha una sua esperienza da raccontare: nei grandi ospedali pubblici di aRoma i tempi di attesa per una visita neurologica, solo per fare un esempio, sono raddoppiati, i piccoli interventi vengono rinviati di mese in mese, per una ecografia bisogna aspettare due o tre mesi e così via. Facile dire che è sempre stato così. Facile citare i molteplici casi di cosiddetta malasanità denunciati soprattutto nelle regioni del sud. Non è vero che è stato sempre così. La situazione è peggiorata di anno in anno, a prescindere dal cambio politico nelle regioni o nei comuni, e ci siamo abituati progressivamente a dilatare i tempi di ogni intervento sanitario, mentre chi può permetterselo ricorre sempre di più alle strutture private. Nella Toscana ex felix, fra Pisa e Firenze, da mesi non si riesce a debellare la meningite nonostante sia in corso una massiccia vaccinazione, e proprio il tema dei vaccini è uno di quelli sui quali bisogna indagare di più. Per motivi apparentemente incomprensibili gli italiani sono diventati nemici delle vaccinazioni. Ma se i decessi sono aumentati soprattutto nei mesi invernali potrebbe venire fuori che molti sono dovuti alle complicazioni influenzali soprattutto negli anziani, spesso evitabili con un vaccino. Poi c’è stato il grande caldo estivo, che ha fiaccato il fisico dei pazienti con malattie croniche e ovviamente degli anziani. E ora il tema di questi giorni è il problema dell’inquinamento, portatore di molti rischi per i bambini e più in generale per tutta la popolazione.
L’ assistenza sanitaria, insomma, è a rischio, soprattutto nelle regioni del Sud. Tagli lineari su tagli lineari stanno portando ad una situazione insostenibile, di cui quasi nessuno parla. Un paziente su 10 rinuncia alle cure perché non riceve un adeguato servizio pubblico e non ha soldi per curarsi privatamente, e anche questo lo scrive l’Istat nel suo rapporto semestrale. E francamente i medici e il personale paramedico sono vittime, nella stragrande maggioranza dei casi, come lo sono i pazienti. Chi non ha avuto l’esperienza di vedere medici eccellenti costretti a occuparsi non di malati ma di carte amministrative e sempre e solo di bilanci, a fronte di richieste sacrosante motivate solo dalla necessità di dare cure adeguate.
Un paese moderno, di fronte a questi dati oggettivi e spesso non prevedibili, si attrezza con un servizio sanitario più forte, con più personale qualificato, con più paramedici, con coperture orarie più lunghe. E tagliai costi in altri settori, non sulla salute dei cittadini. E invece no. Diminuisce il personale, si chiudono ospedali in zone che rimangono scoperte, si chiudono poliambulatori, si riducono le ambulanze, si sottraggono risorse alla ricerca scientifica, alla sperimentazione, alla prevenzione. E chi lo scrive e lo dice è sempre e soltanto uno che rema contro.


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