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COP21, il mondo ha capito di non poter scherzare

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Sembra che il mondo, stavolta, abbia capito sul serio. Sembra, il che ha dell’incredibile, che abbiano capito persino i capi di Stato e di governo. Hanno capito che o si usciva dalla COP21 di Parigi con un accordo all’altezza delle speranze e delle aspettative di miliardi di persone, di associazioni ambientaliste e, in particolare, dei popoli più fragili, oppressi e sconvolti dai cambiamenti climatici o la nostra convivenza stessa su questo pianeta non avrebbe avuto un domani.
Riduzione dei gas serra, contenimento dell’innalzamento delle temperature entro 1,5 gradi centigradi e investimenti per cento miliardi l’anno da parte dei paesi più sviluppati a favore di quelli in via di sviluppo: sono questi i capisaldi di un accordo che, stando alle parole del presidente francese Hollande, “vale un secolo”.
E per una volta, forse, persino Hollande e il ministro degli Esteri Fabius, che ha presieduto la COP21 e si è battuto affinché non si concludesse con l’ennesimo nulla di fatto, come avvenne a Copenaghen nel 2009, forse persino Hollande ha le sue buone ragioni, in quanto quest’accordo, che ora dovrà essere concretizzato e verificato con scrupolosa attenzione, potrebbe davvero cambiare il corso della storia del Ventunesimo secolo.
Anche gli Stati Uniti, infatti, si sono ormai resi conto da tempo, al pari della Cina, dell’insostenibilità di un modello di sviluppo fondato sullo sfruttamento smodato delle risorse del pianeta, con conseguente aumento non solo delle temperature ma anche degli accidenti climatici, delle tragedie e dei morti ad esse legati, come avviene ogni volta che un tornado o un uragano devastano intere città e regioni.
E dev’essersene reso conto anche il riluttante primo ministro indiano, Narendra Modi, al quale probabilmente i partner internazionali hanno spiegato con dovizia di particolari che l’India potrebbe rimanere coinvolta da nuove tensioni nel Sud-est asiatico, dovute a carestie, migrazioni selvagge e vere e proprie guerre in nome della sopravvivenza e del disperato tentativo di accaparrarsi le risorse necessarie per vivere di cui il proprio paese non dispone più.
Infine, il che è davvero sorprendente ma anche fondamentale, e per una volta ci rende orgogliosi di essere europei, ha aperto gli occhi pure la vecchia e fragile Europa, afflitta da una crisi per la quale non ha ancora sviluppato anticorpi all’altezza, sconvolta del terrorismo e vittima delle sue stesse paure e contraddizioni, ma capace di divenire l’architrave di un processo di cambiamento che è innanzitutto culturale e che avrà un impatto sulle prossime generazioni.
Un’Europa che si riappropria di se stessa e dei valori per i quali fu immaginata e ne vennero poste le basi dai padri del dopoguerra; un’Europa saggia, ospitale e dialogante; un’Europa che, ad un passo dal baratro, ha trovato la forza di fermarsi, ragionare e dar fondo alle sue energie e risorse migliori; quest’Europa ci fa ben sperare anche per quanto riguarda tante altre questioni sulle quali, al contrario, i suoi ritardi, le sue chiusure e la sua insensata grettezza si stanno rivelando zavorre insopportabili.
L’importante, adesso, è non abbassare la guardia, vigilare, creare un movimento d’opinione in grado di tenere il fiato sul collo ai governanti affinché non tradiscano gli impegni assunti, continuare a manifestare pacificamente, non smettere di indignarsi e compiere il proprio dovere andando a votare e, possibilmente, scegliendo rappresentanti che abbiano in mente il modello di crescita e di sviluppo indicato da papa Francesco e non quello di chi vorrebbe proseguire lungo la strada deleteria che ci ha condotto nel baratro di una crisi economica, morale, politica e adesso anche ambientale senza precedenti.
Bisognerebbe anche arginare le super-lobby che pretendono il TTIP e altri accordi inutili e pericolosi; bisognerebbe che l’impegno a ridurre le emissioni di gas serra partisse da subìto e non dal 2020; bisognerebbe immaginare un nuovo modello di sviluppo, di viabilità e di produzione all’insegna delle energie rinnovabili se non a livello mondiale quanto meno a livello europeo ma sappiamo anche che già è un miracolo che questa COP non si sia conclusa con l’ennesimo rinvio e, pertanto, per una volta, preferiamo salire sul carro degli speranzosi e degli ottimisti, sia pur legittimamente critici, piuttosto che su quello di chi non si rende conto che più di questo, probabilmente, non si sarebbe potuto ottenere e che qualunque altro risultato sarebbe stato di gran lunga peggiore.


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