Guerra dal cielo, dalla terra dal mare. Putin è andato a trovare Ali Khamenei, la guida suprema -non eletta- della “rivoluzione” iraniana e ha ventilato un impegno russo anche di terra, con il dispiegamento dei suoi tank. Hollande ha fatto bombardare Siria e Iraq dalla portaerei Charles de Gaulle, ha incassato l’appoggio militare di Cameron, oggi vede Obama, a partire da domani gli altri europei renitenti. Curdi iracheni attaccano Mosul, Curdi siriani puntano su Raqqa, milizie sciite (guidate da Teheran) avanzano a tenaglia su Ramadi per mettere Bagdad fuori dalla portata dell’Isis, Alawiti di Assad (con i tank russi)) puntano a liberare Aleppo. A dirla così, i giorni del malfattore blasfemo Al Bagdadi, auto proclamoatosi Califfo della Siria e dell’Iraq, dovrebbero essere contati. “Raid e Tank, scene di guerra in Siria”, scrive la Stampa. “Francia, la portaerei contro l’Is”, Repubblica. “Parigi Londra, patto di guerra”, Corriere della Sera. Mentre scrivo, le cose rischiano di precipitare. Caccia turchi (quindi aerei della Nato) hanno abbattuto un aereo militare russo che, secondo Ankara, stava sorvolando i cieli della Turchia. I piloti si sono lanciati col paracadute. Mosca dice che l’aereo volava sulla Siria.
Chi è Salah Abdeslam e cosa sappiamo di lui. Non si trova, lo hanno segnalato a Parigi, Bruxelles, Liegi, persino in Italia. Lascia dietro di sé una scia di segnali smaccati. Una cintura esplosiva in un cassonetto parigino, forse quella che indossava il 13 novembre e che si è tolta: auto cariche di armi affittate a suo nome, incaute telefonate. Il fratello buono, Mohamed, va tutti i giorni in televisione per chiedergli si consegnarsi: meglio in carcere che al cimitero. Ma i media hanno una regola: il mistero attrae fin quando non stanca. Così i grandi giornali oggi scovano un’altra primula rossa, Abu Mohamed Adnani, che almeno è siriano e dunque lo avremo, morto o vivo, solo alla fine della storia. Di Salah si occupano ancora il Giornale, “se non è stato ucciso dall’Isis, in Europa c’è una rete che lo copre”, e il Fatto “troppo inafferrabile per essere un vero jihadista…troppi indizi appaiono depistaggi… in qualche modo (forse) collabora con gli inquirenti”.
Ribellarsi al terrorismo nel nome di Valeria, scrive Aldo Cazzullo in prima per il Corriere. Oggi Mattarella sarà ai funerali, accanto ad Alberto Solesin e Luciana Milani, i suoi genitori, ieri il premier è andato alla camera ardente declinando, al femminile, le virtù di Valeria, che è stata volontaria per Enercengy, studiava per il dottorato a Parigi, é andata a un concerto e l’hanno uccisa. É Valeria la nostra parte migliore e dunque la speranza di non soccombere alla barbarie e all’odio che porta con sé? Ne sono convinto da tempo: l’unica classe dirigente di riserva che abbiamo, noi italiani, sono questi ragazzi che escono dal guscio e si confrontano con il mondo, che provano a far qualcosa per gli altri e, dunque, per se stessi. Però dovremmo ascoltarli da vivi, non solo quando un robot del totalitarismo li ha trasformati in martiri.
La (perdente) strategia dell’attesa. Federico Geremicca si attendeva molto da Renzi e, come deve fare un bravo giornalista, lo scriveva senza preoccuparsi di prender partito. Oggi racconta così la politica del premier-segretario. “Novità nunmero uno, primarie day il 20 marzo, (dunque) rinvio di primarie già convocate – e con tanto di candidati – a Milano e a Napoli per il 7 di febbraio” e “amministrative nel lontano prossimo giugno. Novità numero due: si starebbe pensando ad introdurre una nuova regola che vieterebbe a chi è già stato sindaco in passato di partecipare alle primarie”. Molto critiche -osserva Geremicca- le reazioni non solo di Bassolino e Marino, ma anche di Pirapia e Ranieri, davanti a quello che sembra soltanto un prender tempo. “Fa sensazione -aggiunge- l’incapacità a decidere del Renzi-segretario… Il punto vero è che ogni volta che è costretto ad occuparsi del Pd, dei suoi problemi e della sua organizzazione, Renzi appare colto da un insopprimile fastidio. Governa, di fatto, prescindendo dal Partito democratico, visto che ne è il segretario…Il risultato è una sorta di anarchia che, soprattutto in periferia, sta trasformando il Pd in una somma di tribù in guerra tra loro.”