L’idea che l’impresa debba assumersi delle responsabilità nei confronti della società sembra riscontrare un consenso crescente da parte della comunità internazionale. Tuttavia, l’attuazione di un comportamento responsabile da parte delle imprese è molto difficile da stabilire e regolare. Come coniugare la responsabilità sociale di impresa con la logica di mercato attuale resta infatti una questione aperta, poiché l’obiettivo primario dell’agire dell’impresa è la massimizzazione del profitto, mentre l’evoluzione normativa internazionale non consente ad oggi la regolamentazione e il monitoraggio uniforme e globale delle implicazioni sociali del perseguimento del rendimento economico.
D’altra parte soprattutto il ruolo delle imprese multinazionali (MNCs) è diventato essenziale specie in ottica globale, per il perseguimento dello sviluppo sostenibile. In letteratura, particolare attenzione viene data all’analisi del ruolo delle MNCs per quanto riguarda le implicazioni delle attività economiche per le società in cui esse operano. Molti studi infatti si occupano da tempo di osservare le implicazioni di questo fenomeno e ipotizzare azioni correttive affinché le MNCs possano avere un impatto positivo in termini di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, in linea con un percorso allargato che la comunità internazionale ha avviato ormai da tempo allo scopo di perseguire uno sviluppo globale che includa l’equità sociale, la prosperità economica condivisa, integrità ambientale e il rispetto e la promozione dei diritti umani fondamentali.
Integrare una nuova visione nella cultura, nelle strategie e nei processi delle MNCs in linea con temi di sostenibilità è dunque un aspetto critico: non solo perché esse sono pilastri fondamentali nel funzionamento del meccanismo economico attuale, ma anche perché sono organizzazioni in grado di soddisfare molteplici esigenze della popolazione attraverso la fornitura di beni e servizi. La dimensione stessa delle loro strutture così come il raggio d’azione anche geografico della loro presenza, fa sì che abbiano un potere di impatto superiore a qualunque altra organizzazione sociale. Tuttavia, gli orientamenti delle attività di impresa sono attualmente configurati per raggiungere prettamente obiettivi economici. La ridefinizione di nuovi modelli di business è ancora un tema aperto e culturalmente e nella ideazione di processi che possano consentire un connubio efficace di rilevanza sociale ed economica nella fase decisionale.
In altri termini, è necessario cambiare il modello di business attuale per soddisfare quelli che possiamo definire nuovi bisogni e incrementare la possibilità di impatto positivo delle stesse MNCs nelle questioni di sviluppo globale. L’obiettivo di valorizzare gli sforzi di sostenibilità da parte delle MNCs si basa sullo sforzo della comunità internazionale che in questi anni ha dibattuto sul tema e che esercita essa stessa una influenza importante sulle MNCs.
Un esempio di cambiamento in questa logica di business sostenibile è quello della Merck.
A seguito di un’analisi della pubblicistica, è emersa per il Gruppo l’importanza di perseguire gli obiettivi di business nel rispetto di valori culturali ed dell’Etica. L’integrazione dell’Etica nelle pratiche di business, infatti, consente un miglioramento delle prestazioni aziendali, con effetti positivi in tutti i diversi aspetti. Tale integrazione passa proprio dalla capacità di interpretare il cambiamento nel rispetto dei valori etici e culturali dell’azienda e implementare processi e azioni concrete. Tra queste, il supporto per lo sviluppo di una visione Etica integrata attraverso iniziative a lungo termine che hanno generato lo sviluppo della cultura e la riscoperta dei valori specie nelle generazioni più giovani. Agendo sulla coscienza e la formazione delle generazioni future, in un percorso di crescita di Etica integrata, si generano infatti comportamenti virtuosi che fanno della persona un agente di cambiamento.
La coscienza passa, appunto, dalla cultura, ecco perché Merck supporta da anni due importanti iniziative culturali: “La Scienza Narrata”, un concorso di scrittura creativa a tema scientifico destinato agli studenti delle scuole superiori, e il “Premio Letterario Merck” in cui vengono premiati saggi e romanzi internazionali che sviluppano un confronto tra scienza e letteratura. La finalità di questi progetti è proprio quella di stimolare un interesse per la cultura scientifica, rendendo accessibili anche ai meno esperti argomenti di grande attualità ma spesso trattati con modalità troppo specialistiche, come ad esempio le nuove frontiere della medicina, la genetica o le biotecnologie. Altro obiettivo fondamentale è di consentire alla letteratura di confrontarsi con i nuovi orizzonti della ricerca scientifica e alla scienza di avere una diffusione più vasta rispetto agli attuali ambiti, provando ad avvicinare sempre più tra di loro due delle più importanti forme dell’espressione umana, scienza e letteratura.
Con iniziative come queste l’impresa interpreta il suo ruolo nella società come parte di essa e non come suo mero fruitore; dimostrando di saper gestire il cambiamento in atto ma anche di essere parte del cambiamento stesso e nel contempo promotore.
Quest’anno, proprio nella cornice della premiazione, Karl-Ludwig Kley (nella foto), Presidente dell’Executive Board e CEO di Merck, ha voluto ribadire il senso profondo di questa iniziativa cercando di tracciare, con un appassionato speech (che viene qui di seguito riportato), le implicazioni sociali e le stupefacenti “premonizioni” della letteratura scientifica in quest’ultimo secolo e mezzo:
“Esattamente vent’anni fa, nel 1995, Amazon.com vendeva il suo primo libro.
Era un libro di Douglas Hofstadter e s’intitolava Fluid Concepts and Creative Analogies: Computer Models of the Fundamental Mechanism of Thought. Un titolo alquanto asettico, come probabilmente è il contenuto del libro.
Eppure il 15 luglio 1995 è una data che ogni appassionato di letteratura dovrebbe tenere a mente. Poiché a partire da quel giorno il nostro rapporto con i libri e più in generale con la parola stampata è mutato radicalmente.
Questo non vale soltanto per la letteratura. Anche la ricerca, la scienza e la tecnica da allora hanno conosciuto enormi cambiamenti.
Nel 1995, l’anno in cui Amazon avviò la sua attività, venne lanciato sul mercato anche Windows95. Da allora per la prima volta fu possibile gestire più programmi contemporaneamente.
Nel 1996 nacque Dolly, la prima pecora clonata. Lo stesso anno il computer “Deep Blue” sconfisse Kasparow, il campione mondiale di scacchi.
Nel 2000 il primo equipaggio atterrò sulla Stazione Spaziale Internazionale.E lo stesso anno il Progetto genoma umano completò il sequenziamento del DNA umano. (…)
Ormai questi sono progressi scientifici che diamo per scontati. In realtà costituiscono il punto di partenza per ulteriori ricerche e sviluppi. Tuttavia hanno già perso il fascino che ogni scoperta pionieristica porta con sé. Perché si va avanti. A una velocità che toglie il fiato. A molti questa velocità fa paura. A quanti ricordano un tempo in cui non c’era un telefono in tutte le case, i Google Glass appaiono come un oggetto uscito da un romanzo di fantascienza.
È una cosa che comprendo perfettamente. Ma allo stesso tempo sono persuaso che, nella sostanza, ogni progresso tecnico è innanzi tutto una manifestazione della nostra umana sete di sapere. Vogliamo sapere e capire sempre di più. Noi esseri umani siamo fatti così. L’aspirazione a scoprire cose nuove è profondamente umana. Questa spinta al sapere ha una bellezza tutta sua. Una bellezza che raramente viene apprezzata. Carlo Rovelli la descrive così: “Ci sono frontiere, dove stiamo imparando, e brucia il nostro desiderio di sapere. Sono nelle profondità più minute del tessuto dello spazio, nelle origini del cosmo, nella natura del tempo, nel fato dei buchi neri, e nel funzionamento del nostro stesso pensiero. Qui, sul bordo di quello che sappiamo, a contatto con l’oceano di quanto non sappiamo, brillano il mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato.”
Un ricercatore poeta. O, se vogliamo, un poeta ricercatore. Leggendo queste parole vorremmo poter essere entrambe le cose.
Hans Kudsuzus, autore tedesco celebre per i suoi aforismi ha detto: “Il punto interrogativo è il segno che distingue le persone istruite”.
È vero. Per avere nuove idee occorre continuare a pensare, voler sapere di più, porsi delle domande, non accontentarsi. Ogni risposta schiude nuovi campi del sapere e porta con sé nuovi interrogativi. Einstein constatava: “Più so e più mi rendo conto di non sapere nulla”. È per questo che l’uomo continua a interrogarsi. A questo ostinato interrogarsi non vanno ricondotte solo le scoperte scientifiche. L’umana sete di sapere è stata la forza trainante all’origine di tutte le conquiste importanti della civiltà. (…) Senza la spinta a porsi domande e a cercare risposte, vivremmo ancora nelle caverne, pronti a brandire la clava.
Dunque le domande sono importanti. E pochi sono gli ambiti che fanno nascere in noi le domande meglio della letteratura. La letteratura si rivolge alla nostra immaginazione e vi dipinge mondi che sono diversi da quello che conosciamo. E ci spinge a domandare: ma questo potrebbe succedere davvero? La letteratura mostra situazioni sconosciute, realtà differenti, nuove prospettive. E ci confronta con l’interrogativo: che cosa succederebbe se…? Questo diventa lampante nella letteratura che descrive il futuro – innovazioni tecnologiche comprese. Per esempio: già nel 1888 Edward Bellamy descriveva la carta di credito nel suo libro “Guardando indietro 2000-1887”. Si immaginava una società in cui gli acquisti si pagavano con una carta che funzionava come un’odierna carta di debito. (…)
Alla fine del XIX secolo Mark Twain immaginò uno strumento in grado di mettere in comunicazione tutto il mondo. Nel racconto intitolato “From the ‘London Times’ 1904” diventa possibile, attraverso la rete telefonica, ricevere immagini, filmati e discorsi da ogni angolo della terra.
E.M. Forster nel racconto “La macchina si ferma” si spinge ancora più in là descrivendo una sorta di conversazione via Skype. Una madre guarda uno schermo che prima si accende di una luce azzurra, poi lilla e infine le permette di vedere il figlio che si trova dall’altra parte del mondo (…)
E nella società descritta da Forster le persone hanno molti amici che non hanno mai incontrato personalmente. Suona molto familiare, solo che il racconto è stato pubblicato nel 1909. Circa un secolo prima dell’invenzione di Facebook e Tinder.
In “2001: Odissea nello spazio” di Arthur Clark, scritto nel 1968, le notizie di attualità sono disponibili in ogni momento su giornali elettronici. Si possono scorrere i titoli e, con un gesto della mano, si fa comparire l’articolo intero sul proprio schermo. Come si chiama questo strumento? Newspad.
Che le nuove possibilità offerte dalla tecnologia consentano anche di commettere degli abusi risulta evidente dalla lettura di Neuromante scritto da William Golding nel 1984. Sebbene Internet non fosse ancora stato inventato, Golding descrive un giovane hacker che, per denaro, ruba dati elettronici in tutto il mondo.
Tutti questi autori hanno forse trovato un modo per aprire una finestra sul futuro e catturarne uno scorcio? Direi di no. Hanno piuttosto sfruttato le potenzialità della letteratura per far nascere nuovi mondi. Hanno immaginato che cosa potrebbe succedere un giorno e in questo modo spronato i giovani a porsi delle domande e a non accontentarsi dello status quo. La capacità che ha la letteratura di esortarci al pensiero critico è di fondamentale importanza per il progresso scientifico. Spero quindi che gli scienziati leggano effettivamente le opere letterarie quale fonte di ispirazione.
Ritengo però che ancora più importante sia il ruolo sociale della letteratura. La forza ineguagliata della letteratura non risiede nella possibilità di predire esattamente determinate invenzioni. Per essere buona la letteratura non deve per forza saper prevedere gli sviluppi tecnologici. La letteratura ha però la capacità di mostrare tendenze insite nella nostra società che noi non percepiamo. Ci stimola a riflettere e a farci delle domande sulla nostra vita e sul mondo in cui viviamo.
Alcuni esempi a questo proposito:
1984 di George Orwell non è un’esatta visione del futuro, ma la sorveglianza da parte dello stato, il potere della propaganda e il controllo del pensiero dei cittadini descritti da Orwell sono così angosciosi proprio perché noi abbiamo vissuto il XX secolo. E perché anche nella nostra società contemporanea riconosciamo le condizioni che preludono ai pericoli descritti da Orwell. Uno Stato che ascolta le nostre conversazioni e sa sempre dove siamo. Una società che promuove e richiede determinati modelli di pensiero. Questo è ciò che leggiamo in 1984. (…)
Un altro esempio: in Fahrenheit 451, scritto nel 1953, Ray Bradbury anticipa l’invenzione di cuffie auricolari, di enormi schermi piatti e di sistemi audio surround. Bradbury concepisce anche una società inebetita tramite programmi televisivi dozzinali e non più in grado di elaborare alcun pensiero critico. È una società in cui il possesso di libri è un reato. Poiché leggere libri induce a porsi domande scomode.
Ne Il mondo nuovo di Aldous Huxley, invece, l’umanità si è trasformata in una società dei consumi perennemente anestetizzata. Per amore del lusso e delle droghe si sacrificano libertà, umanità, religione e arte. La società non è né consapevole né indipendente, è profondamente conformista. (…)
Nel suo Blackout lo scrittore austriaco Marc Elsberg descrive un catastrofico blackout che ha luogo in Europa. Certo, ne trae il punto di partenza per un thriller, ma la domanda è legittima: che cosa farebbe la nostra società, che dipende dall’energia, se all’improvviso restasse – per settimane – senza corrente elettrica? Quand’è che bisogna dar retta a uno scrittore? Quale autore ha riconosciuto tendenze reali e quale invece dà i numeri? (…) Valutazioni e giudizi spettano a noi: nessuno può farlo al posto nostro. Dobbiamo valutare in quanto lettori e in quanto cittadini. La letteratura ci aiuta solo a formulare le domande. Le risposte dobbiamo trovarle da soli.
È per questo che il Premio Letterario Merck mi sta tanto a cuore. È un modo per incoraggiare persone a scrivere, a rivolgere domande a noi tutti e alla società. Premiamo autori che mettono in contatto la letteratura con la scienza o la scienza con la letteratura e così facendo indicano la strada verso il futuro. Premiamo coloro che rendono comprensibili le enormi possibilità offerte dalla scienza e coloro che illustrano i problemi sociali che il progresso può portare con sé.
Affinché noi lettori alla fine possiamo domandarci: in quale mondo vogliamo vivere? Quali sono i progressi desiderabili? Per quali cioè vale la pena lottare e quali invece vanno nella direzione sbagliata? Che cosa si può ottenere indirizzando la creatività umana verso un determinato fine?
Il matematico e fisico tedesco Georg Christoph Lichtenberg ha detto: “Più dell’oro è stato il piombo a cambiare il mondo. E più che il piombo dei fucili, quello dei caratteri tipografici.” In effetti i libri possono cambiare il mondo.”
*Oriana Perrone è Esperta di strategy and sustainability