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Mafia. Giornalista querela boss che le concede intervista e poi smentisce

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Gioacchino La Barbera ha ritrattato davanti ai magistrati le dichiarazioni a Raffaella Fanelli su alcuni omicidi e stragi di mafia 

La giornalista freelance, Raffaella Fanelli, ha querelato per diffamazione il boss Gioacchino La Barbera, collaboratore di giustizia coinvolto nell’omicidio di Giovanni Falcone. Lo riferisce ilfattoquotidiano.it  in un articolo del 14 novembre 2015, a firma di Giuseppe Pipitone. A fine ottobre La Barbera ha smentito in un’aula di giustizia, davanti al magistrato che lo interrogava nell’ambito del processo Capaci bis, tutte le dichiarazioni fatte alla cronista in un’intervista pubblicata su Repubblica nel mese di settembre 2015, nella quale raccontava patti segreti e retroscena delle stragi di mafia.

“Quello che è valido è ciò che dico ai magistrati”: ha detto il boss al Pm di Caltanissetta che ha voluto interrogarlo nuovamente dopo la pubblicazione dell’intervista.

“Dopo aver smentito se stesso, La Barbera è probabilmente il primo pentito querelato da una giornalista”, ha commentato l’avvocato della giornalista che, secondo quanto riportato nell’articolo de Il Fatto, possiede la registrazione dell’intervista e può quindi dimostrare di aver riportato correttamente le dichiarazioni del collaboratore di giustizia.

Nell’intervista pubblicata, La Barbera rivela a Raffaella Fanelli particolari inediti sulla strage di Capaci, sulla morte in carcere del boss Nino Gioé e sugli omicidi di Piersanti Mattarella e Salvo Lima, dietro le quali, secondo quanto ha dichiarato alla giornalista, ci sarebbe la mano della politica e dei servizi segreti. Le dichiarazioni rilasciate dal boss alla freelance contraddicono ciò che lo stesso La Barbera aveva detto in aula a marzo del 2015, sei mesi prima del colloquio con Fanelli, quando era stato interrogato dai giudici della Corte d’Assise di Firenze che processava Totò Riina per la strage del treno rapido 904.

Per questo, dopo l’uscita dell’articolo, il pm di Caltanissetta, Stefano Luciani, ha voluto interrogarlo per la seconda volta in aula e, in questa occasione, il collaboratore di giustizia ha ritrattato tutto: “Perché ho detto quelle cose? Per farmi bello, non lo so nemmeno e se l’ho detto non è verità”.

RDM

Da ossigenoinformazione


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