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Comuni sciolti per mafia. Domenica sono in tre a votare

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La legge approvata ventiquattro anni fa, nel 1991, quando Giovanni Falcone, era direttore generale degli Affari Penali al Ministero della Giustizia, ha fatto sciogliere in questi anni 209 amministrazioni comunali, alcune delle quali due o tre volte, per un totale di decreti del ministro dell’Interno di 266 decreti.

Tre i comuni che voteranno già domenica prossima 15 novembre 2015 e sono comuni sciolti di recente: Taurianova in provincia di Reggio Calabria, Sedriano in provincia di Milano e Cellino San Marco in provincia di Brindisi. E poi c’è il caso speciale di San Luca in provincia di Reggio Calabria dove non è stato raggiunto neppure il quorum di elettori  necessario per formare il consiglio comunale. E questo è già un segnale negativo.

E’ netto il divario tra Nord e Sud: oltre il 90 per cento dei Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose appartiene alle regioni meridionali.  La fotografia di questi anni dice che sono stati sciolti oltre ai 202 Comuni, una Provincia, 5 aziende sanitarie locali e un municipio. Quarantotto gli enti colpiti da più di un decennio in quasi un quarto di secolo. Il 93 per cento dei Comuni si trova al Sud e sono quattro le regioni maggiormente coinvolte nelle verifiche. Negli ultimi  24 anni sono state 98 le procedure attivate in Campania (10 gli annullamenti), 84 in Calabria (8 gli annullamenti) e 66 in Sicilia (4 annullate). Al quarto posto si trova la Puglia con nove iter avviati. Il record negativo va alle province di Napoli e Reggio Calabria con 52 casi ciascuna. Sono nove i Comuni sciolti tre volte (4 in provincia di Reggio Calabria, 4 in provincia di Caserta e uno nel Palermitano; 39, invece , quelli sciolti due volte in 24 anni. “Nonostante le analisi e le denunce sul radicamento delle mafie anche in aree diverse da quelle tradizionali in cui sono nate, i casi di scioglimento al Nord continua no ad essere molto limitati”.

Eppure una differenza è evidente tra quanto avviene oggi e la situazione che c’era vent’anni fa. Se fino al 2010, per 19 anni,  tra Nord e centro Italia si sono verificati solo due casi (nel Piemonte e nel Lazio) dal 2011 ad oggi(nel giro di quattro anni) sono 5 gli enti sciolti per infiltrazioni con un solo annullamento. Sono inoltre in corso verifiche che riguardano  regioni coinvolte solo di recente in inchieste antimafia paragonabili a processi simili a quelli verifica ti in regioni meridionali.

E’ il caso dell’Emilia Romagna dove nei giorni scorsi è partito il grande processo denominato Aemilia. I picchi si sono verificati nei primi anni di attuazione della normativa e nel 2012-2013. Tra il 1991 e il 1993 i decreti firmati sono stati 21 per i primi due anni (con tre annullamenti) e 34 nel 1993. Quaranta quelli relativi al biennio 92-93.

Ci sono 37 casi ancora aperti. L’esperienza di questi anni ha evidenziato l’opportunità di modificare alcuni aspetti della legislazione vigente. Spesso le stesse situazioni si sono riproposte in enti già oggetto di inchieste precedenti e non è stato neppure possibile prevenire fenomeni oggi presenti anche al Nord e nel Centro di Italia come dimostra l’inchiesta romana su Mafia Capitale. Il disegno di legge del governo sulle misure  di contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti è oggi all’esame delle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato e contiene alcune disposizioni di modifica del testo unico sullo scioglimento degli enti pubblici. Tra le novità l’obbligo per gli enti locali di ricorrere alla stazione unica appaltante  per il periodo di commissariamento e per i cinque anni successivi al rinnovo delle cariche elettive, pena la nullità dei contratti stipulati.” Ed è previsto nei casi più gravi il licenziamento o la mobilità obbligatoria presso un altro ente del personale dipendente. ” Più rigorosa, infine,  sarà la disciplina sulla incandidabilità preclusa sull’intero territorio nazionale e per un periodo di sei anni dal provvedimento giurisdizionale definitivo.”


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