Botta e risposta fra il capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera e l’Autorità di garanzia (?) sulle Comunicazioni, in attesa del prossimo avvicendamento che porterà al vertice dell’Authority i delegati della partitocrazia dopo l’accordo indecente fra Berlusconi, il ticket Bersani-D’Alema e Casini. In seguito alla pubblicazione oggi su questo blog di un articolo sulla “doppia sede” dell’Agcom, a Napoli e a Roma, Massimo Donadi ha tempestivamente presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Economia e della Finanza, per denunciare questo ennesimo spreco di Stato e chiedere di eliminare la sede nella Capitale, mantenendo solo quella “principale” nel capoluogo campano, come previsto originariamente dalla stessa legge istitutiva. A giusta ragione, definendo la situazione “inconcepibile”, lo stesso Donadi chiede anche di sapere “quali e quanti siano i costi connessi al mantenimento di tale “doppia sede” e, in particolare, quale sia l’entità delle risorse pubbliche che sino ad oggi siano state impiegate per pagare le trasferte da Roma a Napoli e viceversa, dei componenti dell’Agcom e del loro staff”.
Con una risposta imbarazzata, e francamente anche imbarazzante, l’Ufficio stampa dell’Autorità risponde senza rispondere che “l’articolazione degli uffici di Agcom sulle sedi di Roma e di Napoli è stata stabilita da decreti della Presidenza del Consiglio”. Appunto: come ha scritto “Pubblica Accusa” e come volevasi dimostrare. Poi, a corto evidentemente di argomenti, lo stesso portavoce balbetta che “l’affitto della sede di Napoli presso il Centro Direzionale risale a 14 anni orsono e a più riprese – ma senza successo – è stata richiesta la disponibilità di una sede pubblica al demanio, che ha in ogni caso accertato la congruità del canone di locazione”. E ci mancherebbe altro! La colpa, insomma, sarebbe di palazzo Chigi ovvero del Demanio.
Con grande sprezzo del ridicolo, l’Agcom precisa infine che nel frattempo ha provveduto a ridurre da 24 ad appena 14 (quattordici!) i piani occupati nella “Torre Francesco” del Centro direzionale di Napoli. Nessuna replica, invece, sul fatto che – come “Pubblica Accusa” aveva rivelato – l’edificio appartiene a Francesco Gaetano Caltagirone, editore del “Messaggero” di Roma, del “Mattino” di Napoli e del “Gazzettino” di Venezia, e in quanto tale soggetto controllato dalla medesima Authority. L’imprenditore è anche il padre di Azzurra Caltagirone, seconda moglie di Pierferdinando Casini, leader dell’Udc, sponsor politico del nuovo commissario Francesco Posteraro. No comment.