La situazione della Turchia dopo le elezioni è premonitrice di quanto può accadere in Italia. Soprattutto per due elementi: la concentrazione di potere in un uomo solo al comando e l’incidenza della religione sulla politica.
Erdogan ha acquisito un potere sempre maggiore delegittimando prima e arrestando dopo i “gufi”, intellettuali e giornalisti che esprimevano forti critiche al suo governo. La sua scalata al potere ha una meta ben precisa: cambiare la costituzione per rendere legale e irreversibile il suo presidenzialismo assoluto.
Il metodo è quello della “rana bollita”, regredire lentamente, senza dare nell’occhio, ma sempre nella direzione della concentrazione del potere.
Poi, la “benedizione” religiosa completa il quadro. Quando si arruola dio, il popolo non si azzarda a reagire. E la religione si degrada a superstizione nazionalistica.
Anche in Italia siamo in questa situazione? Ovviamente, no.
Ma i sintomi portano allo stesso “presidenzialismo devoto” (imbarazzante l’inchino deferente di Tronca nella sua funzione pubblica di fronte al Papa). Ogni giorno ci sono reazioni del potere insofferenti alla democrazia, al controllo della stampa e si loda sempre più l’efficienza “del fare” figlia del decisionismo del leader. Il tutto confortato da attacchi alla laicità dello Stato con invasioni di campo di porporati della Chiesa. Che sentono impellente il dovere di interferire con la politica interna e l’estensione dei diritti. sfruttando l’ambiguità della doppia nazionalità: cittadini italiani quando intervengono, cittadini vaticani quando non tollerano obiezioni. In questo senso, anche il Giubileo sta diventando un perturbatore di priorità, per riaffermare il risveglio temporale del Vaticano.
Ma l’obiettivo finale del potere devoto è il cambio della Costituzione, non solo direttamente, ma anche mediante una devastante legge elettorale. Che concentra (super-premio) la maggioranza per rendere irrilevante l’opposizione, controllati i controllori e rendere sempre più irreversibile il potere. In cambio, si offre “governabilità”, un termine che dovrebbe conciliarsi con la democrazia, ma che invece si rivela sempre più la sua inquietante alternativa.
In Turchia, come in Italia.
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