Ci sono volute cinque sedute per giungere a un verdetto. Tutti i cittadini e cittadine italiani hanno seguito il processo per istigazione a delinquere che ha visto sul banco degli imputati l’intellettuale partenopeo, Erri De Luca. Ha rischiato 8 mesi di carcere ma il magistrato ha assolto lo scrittore.
Un processo che ha cercato un responsabile per quanto avviene da tempo in Val di Susa, dove si è costituita una comunità di resistenza alla costruzione dell’opera TAV. E’ stato costruito sulla parola sabotare e sembrava voler ricondurre la responsabilità morale degli scontri accorsi a un personaggio pubblico che, invece, sembrerebbe aver espresso con molta franchezza il suo posizionamento riguardo la Torino – Lione.
Un’opinione, condivisibile o meno, non avrebbe dovuto essere tacciata di reato, di potenziale incoraggiamento alla condotta criminosa perché il verbo, anche se dissenziente, contiene in sé un pensiero che deve essere rispettato e mai mortificato, a prescindere da colui il quale lo elabora ed esplicita.
E se chi esprime un pensiero è anche un attento utilizzatore di parole commisurate all’elaborazione di concetti, si è forse sottovalutato l’impegno personale alla difesa di un principio che da individuale è diventato universale. La sentenza è addivenuta un riconoscimento nitido della libertà di espressione sancita dalla nostra Carta Costituzionale, di fronte alla quale, anche il Codice Rocco ha dovuto indietreggiare. Nel suo pamphlet “La parola contraria”, De Luca contestualizza la faccenda: “Sono incriminato per aver espresso la necessità di sabotare un’opera strategica per lo Stato. Ma a costituirsi parte civile contro di me è una ditta privata, LTF sas”. Un interesse privato che si scaglia contro un cittadino che ha espresso un contenuto di lotta e difesa di un territorio e che contiene in sé il valore elevatissimo di “pubblico interesse”. Se oggi le comunità ravvisano la necessità di fare rimostranze a causa di uno sbilanciamento nella valutazione di questo interesse, forse, la superiorità della libertà di espressione ne ha rimesso in gioco la valenza.