BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Alla fine perseguitiamo i giornalisti?

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Nel nostro Paese si arriva con grande facilità al paradosso e anche mafia-capitale, lo scandalo per eccellenza che ha caratterizzato gli ultimi anni le vicende romane, rischia di finire a questo modo.

Mentre sugli schermi cinematografici esce un film Suburra (di Sergio Sollima )che, ritraendo le vie di un quartiere romano, traccia un ritratto interessante di una parte della nostra capitale, il presidente della Camera Penale (che raggruppa gli avvocati penalisti del distretto romano) Francesco Tagliaferri con il suo collega Gianfranco Pagliarulo ha presentato un esposto contro tutte le testate giornalistiche, i direttori e gli articolisti che hanno pubblicato integralmente o in parte documenti giudiziari appunto su mafia-capitale per chiedere al procuratore della Repubblica Pignatone se c’è stata violazione di norme penali  ed irrogare sanzioni per i giornalisti che abbiano commesso illeciti.

Più paradossale di così è difficile, mi pare visto che, anche senza aver letto  il Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo, il libro Mafia capitale  che ha pubblicato, nelle benemerite edizioni milanesi di Melampo, l’atto di accusa del gup romano per il processo con un’ottima Nota introduttiva di Nando Dalla Chiesa, tutti noi abbiamo letto negli anni scorse le vicende che riguardano Massimo Carminati, Salvatore Buzzi e un numero ragguardevole di politici locali e nazionali che hanno avuto a che fare con la banda mafiosa che ha segnato alcuni anni nella nostra capitale. Ad ogni modo secondo i due avvocati che abbiamo citato prima, tutti i direttori delle testate indicate (dall’Espresso alla Repubblica, dal Corriere della Sera a Il Tempo, a Il Mattino e a Il Messaggero) e i cronisti di quei giornali avrebbero violato più volte il divieto di pubblicazione testuale anche parziale degli atti di un procedimento penale nella fase delle indagini preliminari e di quelli contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, se si va a dibattimento. Un divieto sancito con precisione da un articolo del codice di procedura penale che riguarda in questo caso articoli usciti tra il 3 e 4 dicembre 2014 (successivi alla prima ondata di arresti ) e agli inizi di giugno 2005, cioè ai due giorni seguenti alla seconda ordinanza cautelare che portò in carcere Luca Gramazio della destra, Mirko Coratti  del PD e Daniele Ozzimo, sempre del PD.

E’ almeno singolare – credo di poter dire e al di là della colpevolezza o meno degli imputati su cui non posso dire qui molto – che alla vigilia di un processo che sarà importante e molto seguito, gli avvocati concentrino la propria attenzione proprio sui giornalisti che, almeno  in quel caso fecero abbastanza bene quello che a loro si chiede?  E è un interrogativo che forse  qualcuno dovrà porsi in questo grigio autunno romano?


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