Con un voto a grande maggioranza, l’aula del Senato ha negato l’autorizzazione a procedere contro Roberto Calderoli per istigazione all’odio razziale, derubricando il suo comportamento a diffamazione. L’episodio cui ci si riferisce risale al 2013, quando Calderoli, che già ricopriva l’incarico di vicepresidente del Senato, paragonò l’allora ministra all’integrazione Cecile Kyenge a un orango.
Un comportamento razzista, indegno di un’alta carica dello Stato, tanto che l’Arci a suo tempo ne chiese le dimissioni. All’onorevole Kyenge rinnoviamo tutta la nostra solidarietà, memori delle continue offese subite dagli esponenti della Lega e amareggiati quanto lei per una decisione che non le rende giustizia, dettato da interessi politici, alla vigilia del voto sulla riforma del Senato su cui pendevano centinaia di emendamenti presentati dal senatore Calderoli, che, dopo il salvataggio dell’Aula, li ha prontamente ritirati.
L’onorevole Kyenge pensa ora di rivolgersi alla Corte europea di giustizia. Una scelta che condividiamo, perché negare, come hanno fatto i senatori, l’evidente discriminazione razziale, non solo è inaccettabile ma rappresenta un precedente pericoloso in un paese in cui cresce l’aggressività delle formazioni politiche di matrice fascista che hanno fatto delle discriminazioni e dell’odio razziale una bandiera.