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Don Puglisi e i cronisti. La scelta tra sacrestia e strada

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di Fabrizio Feo

E’ praticamente scomparso tra emergenze, cronaca e stancanti liturgie della politica il giorno del ventiduesimo anniversario dell’assassinio di don Pino Puglisi , l’omicidio di un sacerdote che si è sacrificato nel tentativo di far scudo ai suoi ragazzi ,al suo quartiere, di proteggerli e liberarli dal veleno quotidiano, dalla subcultura e dal giogo delle leggi mafiose. Non tutti, naturalmente, hanno dimenticato. Perché don Pino ha lasciato un seme profondo, che ha germogliato, la scommessa raccolta dall’impegno di volontari : da quelli del Centro Padre nostro, da operatori sociali che continuano a far fronte , ad intervenire là dove alle promesse – fatte anche negli ultimi anni dalle istituzioni- non sono quasi mai seguiti fatti concreti . Lo ha ricordato Franco Puglisi, il fratello del Beato ucciso dalla mafia.

Lo ha ricordato incontrandosi con i volontari .”Brancaccio aspetta che i progetti diventino realtà”, ha detto. E gli ha fatto eco padre Cosimo Scordato – parroco della Chiesa di San Francesco Saverio, all’Albergheria, tra i quartieri più poveri di Palermo. Padre Scordato ha avvertito : “ in questi 22 anni qualcosa è cambiato, ma serve un impegno, un’attività di repressione corale che veda protagonista tutta la comunità che “assuma dentro di se’ l’emergenza continua della criminalità“. “Per questo- ha spiegato il sacerdote- dico che i preti non possono vivere solo nelle sagrestie ,devono ‘lavorare in strada.”

Da questa dolorosa ricorrenza, dalle parole del fratello di don Pino Puglisi e di padre Cosimo Scordato arrivano un messaggio e un monito a quei sacerdoti inclini a dimenticare e che il vangelo e la legalità vanno insieme. Non ci si può voltare dall’altra parte ,dimenticando che non rispettare la legalità, anche in momenti apparentemente insignificanti della vita quotidiana ,equivale a sopraffare l’altro, chi è più debole. Un promemoria anche per noi giornalisti . C’è modo e modo di fare il prete come di fare il giornalista , il nostro mestiere. Dolori, drammi, ingiustizie e illegalità possono essere affrontati in modi diversi . Puoi voltarti dall’altra parte e non vedere. O aprire gli occhi quando proprio non ne puoi fare a meno.

Puoi registrare come uno scrupoloso ma freddo ragioniere , o buttarti nella mischia, e sì, anche decidere di non essere neutrale tra chi soffre e chi fa soffrire . Così come ci sono molti modi di raccontare : puoi farlo eternamente seduto ad una scrivania – la nostra “sacrestia” – o in mezzo alla strada. E vale anche quando devi trovare le notizie : puoi farlo fermandoti alle veline, a quello che ti dicono di scrivere , alla lettura delle agenzie e giornali o andando invece a cercarle le notizie.

E vale quando devi scegliere se fare domande o reggere muto il microfono, o il taccuino. Scegliamo: la sacrestia o la strada .Don Pino Puglisi per fare il prete uscì dalla sacrestia , sapeva che gli sarebbe costato caro ma sapeva che la posta in gioco era alta, troppo alta, e che a lavorare per il riscatto di Brancaccio c’era solo lui, …e pochi altri , dietro di lui. E scelse. Oggi si tratta di scegliere , anche per chi fa il nostro mestiere.

Da usigrai


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