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Auschwitz e il marchio sulla pelle dei profughi nella Repubblica Ceca

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 Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? A che serve la memoria? (Primo Levi)
Seppur in situazioni e luoghi completamente diversi le scelte adottate ad Auschwitz, dove sono state istallate delle docce per fronteggiare l’ondata di caldo, e nella Repubblica Ceca, dove la polizia ha marchiato il numero del treno e la provenienza sulla pelle di duecento fra siriani e afghani, diretti in Austria e poi in Germania, fanno tornare alla mente l’orrore dei demoni che occhi innocenti non osano ancora guardare.
A che serve la memoria? Se clandestinamente si diffonde nell’Europa l’obbiettivo feroce di umiliare gli ultimi, di riportarli deliberatamente nel loro destino, all’antico dolore, e il falso sentimento di sdegno che accompagna le onde di un mare o le terre di confine tramutati in calvari e sepolcreti tinge il tutto di un’oscura luce.
Il frastuono della morte deve tornare nel buio, in nessun modo è accettabile rievocare ancora l’inaudito, piegare antiche e nuove vittime alle infinite sofferenze, nell’infamia di un mondo che dimentica gli uomini.
Chi ha vissuto l’olocausto e le deportazioni si aggrappa al ricordo con anima e cuore nudi perché conosce la cecità dell’odio e il suo atroce fetore e urla il suo bisogno straziante di non dimenticare la mostruosità del perduto passato:
Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre. (Primo Levi)

 


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