Panico e nuvole. Il Caffè

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Dalla Cina con terrore, scrive il Fatto. “Lunedì nero”, sentenzia Financial Times. “Tempesta globale”, Repubblica. “La Grande Paura”, il Corriere. Addirittura “Panico” per il Sole. Come è possibile, non lo avevate previsto? Krugman, oggi su Repubblica, ricorda Paul Samuelson sfottesse i guru deella finanza e la loro chiaroveggenza: “delle ultime 5 recesssioni -diceva- i mercati ne hanno previste 9”.

Shangai – 8,5, Milano -5,96, Wall Street – 3,94. Roberto Napolitano, direttore del Sole, chiede al vertice del potere cinese di fare come prima la Fed e poi la Bce hanno fatto: varare un Quantitative Easing, inondare i mercati con un mare di liquidità per frenare i crolli. I cinesi per la verità ci stavano provando: avevano messo in campo “la squadra nazionale” -lo spiega Federico Rampini- “un cordone di emergenza composto di banche pubbliche, enti di Stato, fondi pensione, con dietro generosi finanziamenti della banca centrale cinese. L’ordine: comprare”. Ma la paura di milioni di capitalisti cinesi ha travolto la squadra. E allora? Krugman riprende una tesi di Bernanke: dal 2007 si muove, da una borsa all’altra, “una bolla globale di risparmio”. Troppi soldi che cercano rendimenti più alti, alimentano illusioni, generano crolli. Usare in Cina l’arma di Draghi, il Quantitative leasing?  Per tirare a campare qualche mese, fino al prossimo crollo in borsa.

L’economia reale non sta meglio. Il barile di petrolio sotto i 40 dollari dice che si produce meno e c’è bisogno di meno energia e meno materie prime L’ascesa rampante dei Brics sembra a rischio, la ripresa americana fragile, l’Euro si apprezza di nuovo e l’Europa -come segnala Fubini- va dritto verso la deflazione. Secondo me non tiene il modello, quello di cui ha scritto Piketty: una società occidentale con pochi ricchissimi e un ceto medio in via di proletarizzazione. Il contrario dell’Occidente della middle class, che fu protagonista del lungo boom nel dopo guerra. L’idea liberista di drogare i rendimenti del capitale finanziario rifinanziando le banche e svalutando il lavoro, aveva dietro un’illusione: che Cina, India, Brasile continuassero a produrre anche per noi e a rimettere i nostri debiti, perchè questo, dopo tutto, era nel loro interesse. Il ritorno della lotta di classe in Cina, lo scontro sociale sulla corruzione in Brasile, e salta tutto.

Merkel e i profughi: non accettiamo ritardi dall’Italia È il titolo del Corriere. Già, Angela s’è vista con François. Francia e Germania non hanno trovato nulla da dire sulla crisi delle borse, che affondavano durante il loro incontro. Si sono limitati, immagino, a fare gli scongiuri. Invece hanno visto bene come sia gli africani che sbarcano in Sicilia sia i mediorientali che prendono la via dei Balcani vogliano arrivare a casa loro. Dunque hanno accusato Grecia e Italia di farli passare questi migranti, di non identifirli come dovrebbero e di non tenerseli …fino a quando l’Europa di Junker deciderà di fare non si sa cosa. Chissà con che soldi e in nome di quale politica estera.

Il risveglio tardivo della minoranza Pd. È il titolo di un saggio, per Repubblica, in cui Stefano Rodotà indica l’obiettivo delle riforme Renzi:  un nuovo sistema in cui “ilPresidente del Consiglio finisce d’essere un primus inter pares e acquista un potere di pieno controllo del Governo. Il Governo declassa il Parlamento a luogo di registrazione”. Il premier vuol costruire un potere personale che regga incontrastato per 5 anni. Lo ha imposto al Parlamento gridando (con Napolitano) o riforme o morte. Pensa di poterlo strappare ai cittadini votanti con un solo argomento: o me o Grillo e Salvini. Sarebbe urgente -dice, a ragione, Rodotà-  salvare quel che si può ancora salvare degli equilibri costituzionali: l’indipendenza del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale. Purtroppo -osserva- la minoranza Pd si è svegliata tardi. Condivido. Gotor e Bersani (ma anche Cuperlo e, in fondo, Civati) lasciarono soli Tocci, Chiti, Mineo tra il maggio e l’agosto 2014, al tempo del primo voto sul Senato. Però anche parecchi intellettuali, molti costituzionalisti e quasi tutti i giornalisti non brillarono, allora, per iniziativa. Che importa il Senato? Dissero in coro: si può rimediare con una buona legge elettorale. Poi restarono sepolti dal diluvio di fiducie alla Camera. Stefano hai ragione ,ma a guardar dietro si resta di sale. Non chiediamo autocritiche ma opere di bene.

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