Di Alessandro Cardulli
Alè. Il Mezzogiorno diventerà una specie di paradiso terrestre. I miliardi stanno crescendo come i funghi dopo una pioggia. Chi più ne ha più ne metta. I ministri addirittura si fanno concorrenza. Delrio, il ministro alle Infrastrutture, per primo ha dato l’annuncio: il piano per il Mezzogiorno c’è già, ci sono 70 miliardi disponibili, pronti, 40 dalla Unione europea, ma non risulta da nessuna parte questo investimento, altri 30 non si è capito bene da quale cilindro escano fuori . Delrio ha parlato di una “grande officina per il Sud”. Poteva mai la ministra Guidi non reggere il passo del suo collega che le aveva sparate grosse? Certo che no, che figura avrebbe fatto nei confronti del suo capo, il premier Renzi Matteo? Allora, dal ministero, che non per niente si chiama dello Sviluppo, ma solo di nome, arriva la proposta che taglia la testa al toro.
La ministra Guidi suona la gran cassa e annuncia gli Stati generali per lo sviluppo
La grande officina per il Sud diventa poca cosa. Federica Guidi suona la grancassa, lancia la proposta degli Stati generali dello Sviluppo economico nel prossimo autunno e fa sapere a Repubblica, sempre più una sorta di bollettino dei ministri, che al Sud non serve un miracolo, ma una terapia decisa e duratura nel tempo. La soluzione per invertire la rotta resta quella di un rafforzamento dei poli industriali e delle infrastrutture grazie ad un piano di investimenti pesanti per 15 anni, superiori agli 80 miliardi, dieci in più di quelli annunciati da Delrio, che però sarebbero pronti all’uso. Parla di un “piano Marshall” per le infrastrutture.
Il premier irride Saviano e definisce “piagnisteo” il dramma del Mezzogiorno
Forte del supporto dei due ministri, l’Officina per il Sud e gli Stati generali, dal Giappone il presidente del Consiglio si prende la sua rivincita nei confronti di Saviano che lo aveva duramente attaccato, un grido di dolore che aveva fatto seguito alla pubblicazione del rapporto Svimez che, dati alla mano, aveva disegnato un quadro disastroso della situazione economica e sociale del Mezzogiorno. Con l’aria di chi non ne può più aveva tagliato corto: “Sul Sud basta con i piagnistei, rimbocchiamoci le maniche. L’Italia è ripartita. È vero che il Sud cresce di meno e sicuramente il governo deve fare di più, ma basta piangersi addosso”. Titolo assicurato sui media. Qualcuno potrebbe fargli notare che, numeri alla mano, l’Italia non cresce ma è chiedere troppo all’informazione di regime. Però a Renzi qualcuno potrebbe far notare che il Sud non “cresce meno” come lui dice. Non cresce proprio, anzi decresce. Saviano non molla “Mi addolora molto – replica – che sia definito ‘piagnisteo’ ricordare che al Sud il numero degli occupati è al livello più basso dal 1977, la natalità ai minimi storici dai tempi dell’Unità d’Italia. I meridionali fuggono al Nord e all’estero, i migranti stranieri che arrivano sulle nostre coste mirano a trasferirsi in altri paesi. Il tutto nella totale assenza di progetti e investimenti. Questo è un urlo di dolore, non un piagnisteo che sembra invece somigliare di più alla cantilena del ‘va tutto bene’”.
I media di regime inventano senatori vietcong in guerra contro il premier
Dopo l’attacco a Saviano e a tutti coloro, a partire dallo Svimez, che hanno denunciato una situazione gravissima del Mezzogiorno a fronte del totale disinteresse del governo, Renzi, sempre dal Giappone, individua un altro nemico, i sindaci. Era stata la Corte dei Conti a mettere in luce i tagli effettuati in questi anni nei confronti dei comuni, i quali erano stati costretti ad aumentare le tasse per assicurare i servizi essenziali. E Renzi, che proprio mentre la sua ministra, la Boschi, annuncia la richiesta di voto di fiducia al decreto sui tagli alla sanità, con aria annoiata, e questo non è un bel biglietto da visita per i suoi nuovi amici, i giapponesi, che vengono nel nostro paese, chiede ai sindaci di spazzare le strade. Dopo i magistrati, i sindacati, ora sotto tiro ci sono i sindaci. Niente sfugge all’occhio vigile del premier. Si è perfino fatto inventare dai media di regime che in Italia ci sono i vietcong, lui deve combatterli per il bene del nostro Paese. I vietcong sarebbero nell’immaginario mediatico quei parlamentari che sarebbero pronti a “scatenare un Vietnam” in Senato, assicura Repubblica, per farlo fuori. Ce li vedete Miguel Gotor o Vannino Chiti nelle vesti di capi vietcong? Fantasie dovute al caldo. Ma pericolose.