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Si dissocia dalla gang, l’Italia gli riconosce la protezione umanitaria

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L.H. ha rotto con la Mara 18 collaborando con la Questura di Milano e facendo arrestare gli autori di un omicidio. Era rinchiuso nel Cie di Bari in attesa di essere espulso. Se fosse tornato in Salvador sarebbe stato sicuramente ucciso.

 

MILANO – Si è dissociato dalla Mara 18, pericolosa gang latinoamericana, e per questo l’Italia gli riconosce la protezione umanitaria. Questo è solo il lieto fine della vicenda che ha tenuto col fiato sospeso per mesi L.H., giovane salvadoregno, rinchiuso nel Cie di Bari Palese. Se fosse stato espulso, sarebbe stato ucciso appena arrivato in Salvador dalla Mara 18, su di lui infatti i capi della banda avevano acceso la “luz verde”, ossia chiunque poteva ucciderlo. L.H. è arrivato in Italia nel 2005, all’età di 21 anni, per cercare di allontanarsi dalla Mara 18 di cui era diventato membro da adolescente. Un legame, quello con la gang, che sembrava indissolubile anche in Italia, visto che la Mara 18 è presente anche nel nostro Paese. La svolta, drammatica, c’è stata quando ha collaborato con la Questura di Milano, permettendo l’arresto nel 2009 dei colpevoli di un omicidio. Per L.H. questo ha significato una condanna a morte, decisa dai capi in Salvador della Mara 18: su di lui, come dicono in gergo, è stata accesa la “luce verde”. Una condanna a morte che in Italia la Mara 18 non ha la forza di eseguire, mentre è certo che verrebbe eseguita appena L.H. arrivasse in Salvador.

L.H. ha vissuto in Italia senza particolari problemi per alcuni anni. È diventato anche papà di una bimba. I suoi guai sono cominciati nel 2012 quando è stato condannato in via definitiva per il furto di un cappellino a un membro di una banda rivale, avvenuto anni prima. Un furto, all’apparenza banale e dal valore più che altro simbolico, che gli è costato due anni e otto mesi di carcere. Nel febbraio scorso ha finito di scontare la pena, ma non ha mai messo piede fuori dal carcere di Como perché è stato subito trasferito nel Cie di Bari Palese per essere espulso.

Assistito dall’avvocato Angelo Musicco ha fatto ricorso. “Per la sua collaborazione prestata alle Forze dell’Ordine in Italia andrebbe incontro a morte certa -scrive l’avvocato nel ricorso al tribunale di Como-. Sarebbe quindi ingiusto e paradossale che chi si è attivato, fra mille difficoltà materiali e personali, per uscire dal circuito criminale, pur attraverso un percorso accidentato, fosse espulso e mandato in bocca al lupo”. La situazione si è sbloccata nel marzo 2015, quando la Commissione territoriale per i richiedenti asilo ha deciso di riconoscere la protezione umanitaria a L.H., che ora è tornato nella sua casa in Lombardia con la sua bambina e la sua compagna. (dp)

Da redattoresociale


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