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Rai: “una pseudo riforma varata con l’atteggiamento acritico della stampa”. Intervista a Benedetta Tobagi

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La voce di Benedetta Tobagi, consigliera uscente dal cda Rai, rompe il silenzio attorno alla riforma del Servizio Pubblico di cui in questi giorni tanto si scrive e si parla. Sembrerebbe un paradosso eppure, nell’intervista rilasciata ad Articolo21, la Tobagi non lascia spazio ad incomprensioni: “l’atteggiamento della stampa è peggio del silenzio; c’è un atteggiamento acritico nei confronti delle dichiarazioni del Premier il quale afferma ad esempio di andare verso il modello BBC“. Di fronte ad una affermazione del genere, che la giornalista scrittrice reputa assolutamente non vera, “sembra che non esistano più i commentatori e gli analisti che invece hanno il dovere di passare al vaglio le dichiarazioni dei politici. Ma l’aspetto più sconcertante è il silenzio di chi avrebbe le competenze e le capacità di valutazione“. A larga parte del mondo giornalistico sembra mancare la sostanza del pensiero critico “in un sistema che è stato logorato dai venti anni precedenti“. E Renzi in questo sistema ci starebbe “come un topo nel formaggio”. Un silenzio fatto di parole vuote che, come riportato nell’intervista alla Tobagi del 31 luglio su Repubblica, viene definito pericoloso.

C’è un altro termine su cui però occorre concentrarsi e questo è riforma.

Riforma dovrebbe significare modificare qualcosa in maniera strutturale, renderla diversa. Questa è una pseudo-riforma: il disegno di legge votato ieri dal Senato è una modificazione di quanto presentato da Renzi il 4 aprile. Ci terrei a sottolineare che le linee guida del Ddl sono state messe sul sito del Governo la sera del venerdì prima di Pasqua in modo che nessuno potesse mettere a confronto la propaganda di Renzi con il contenuto effettivo del Ddl. Questo perché tale contenuto non consiste in altro se non in modifiche a una parte molto limitata della cosiddetta Legge Gasparri. Modifiche che riguardano solo la governance della Rai. Questo non può essere chiamato riforma“.

La situazione che viene a configurarsi prevede dunque “un cda alla Gasparri, lottizzato, su cui si innesterà un direttore generale dai poteri rafforzati. Il tutto in un quadro immutato di controllo politico della Rai“. Per questo motivo dire di andare in direzione BBC “è una mistificazione“.

Non basta però, perché il punto sostanziale dice la Tobagi “è che la Legge Gasparri fu fatta per creare il SIC, Sistema Integrato delle Comunicazioni, in modo che fosse funzionale alle esigenze di Mediaset. Tutto questo non è stato toccato minimamente, insieme all’Antitrust e al tema del conflitto di interessi“.

Anche riguardo l’emendamento sul canone, definito doveroso, c’è necessità di capire di cosa si stia parlando: “il canone è odiatissimo dagli italiani, con un tasso di evasione del 27%, oltre il doppio della media europea. Il canone è però una tassa di scopo, attraverso cui si garantisce l’indipendenza del Servizio Pubblico dall’esecutivo. Invece Renzi nella conferenza stampa del 27 marzo 2015 disse di voler inserire il canone nella fiscalità generale: lasciare una delega in bianco ad un Governo per riformare il canone in questo senso è una follia; va contro quello che la European Broadcasting Union e le linee guida europee ci dicono in materia di garanzie di indipendenza. Andrebbe invece spiegato che il pagamento del canone può essere modificato ma che è una forma di tutela del Servizio Pubblico“. L’emendamento inoltre va in direzione contraria alla “volontà di accentramento dell’esecutivo”, tema politico “legittimo e particolarmente importante”.

Benedetta Tobagi esce dal cda Rai con tre sentimenti che definisce contraddittori e complementari: “sollievo da un incarico oneroso, da una forma di servizio all’interno di una azienda molto vicina alla crudezza delle dinamiche del potere; soddisfazione per il lavoro svolto dall’amministrazione dal punto di vista finanziario e del rinnovamento tecnologico-digitale che si è aggiunto ad un repulisti per quanto riguarda appalti e procedure anche di rilevanza penale. Il terzo sentimento è schiettamente di amarezza: io e Gherardo Colombo eravamo stati inseriti in risposta all’indignazione suscitata dall’ennesima nomina spartitoria e lottizzata dei membri dell’Autorità garante. Invece la proposta di Bersani non è stata l’inizio di niente“.

Molto lontana dal niente è invece l’attenzione data al significato ed al contenuto delle parole da parte di Benedetta Tobagi. Qualcosa che alla Rai di sicuro mancherà.


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