BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Tv e politica ai tempi di Hollande

0 0

Per chi vuole farsi un’idea dei rapporti fra Francois Hollande e la televisione pubblica puo’ essere interessante vedere il suo intervento al tg delle 20 del 20 maggio. Anche chi non comprende il francese si rende subito conto del contesto: non ci sono bandiere (o imponenti librerie)… alle spalle dell’uomo politico, che non ha chiesto (e non perde occasione di sottolinearlo) di mandare le telecamere all’Eliseo. E’ semplicemente andato lui nello studio del telegiornale di France 2, per rispondere – in diretta, durante una ventina di minuti – alle domande del conduttore, David Pujadas, che ha gia’ avuto modo di intervistarlo, piu’ volte, nel corso della campagna elettorale, ed anche in occasione dell’unico “faccia a faccia” con Nicolas Sarkozy, insieme a Laurence Ferrari, conduttrice del tg di tf1, la televisione commerciale leader del mercato televisivo in Francia.

Sara’ una coincidenza ma – proprio nelle stesse ore – la Ferrari stava registrando un’intervista per annunciare che – dopo quattro anni – a settembre abbandonera’ la conduzione dell’ammiraglia. Che – dal punto di vista dell’informazione – non e’ piu’ tale.

Dal settembre scorso, infatti, lo scarto fra i tg di Tf1 e France 2 alle 20 si e’ progressivamente ridotto e durante le grandi dirette elettorali (la sera del secondo turno ed il giorno dell’insediamento del nuovo presidente) l’auditel (che qui si chiama audimat) ha premiato il servizio pubblico piuttosto che – come era invece la tradizione – la televisione commerciale.

Tf1 e’ proprieta’ di un imprenditore, Martin Bouygues, talmente amico di Sarkozy da essere il padrino di uno dei figli ed e’ proprio nello studio di tf1, rispondendo alle domande della sua anchor, che il presidente uscente aveva annunciato, qualche mese fa, l’intenzione di ricandidarsi.

Ma chi cercasse nell’eccessiva vicinanza della tv commerciale alla maggioranza uscente le ragioni del suo declino deve tenere conto dell’assetto di quella pubblica, che non si puo’ certo definire “antisarkozista”.

In seguito ad una riforma fortemente voluta infatti dal precedente inquilino dell’Eliseo, che voleva eliminare in questo come in altri campi tutte le “ipocrisie”, i vertici di “France television” e delle altre societa’ radiotelevisive pubbliche sono infatti nominati direttamente dal Presidente della repubblica e non piu’ dal consiglio superiore dell’audiovisivo (Csa, l’equivalente della nostra authority di settore) composto da nove membri (tre nominati dal presidente della repubblica, tre dal presidente del senato e tre da quello dell’assemblea nazionale), con mandato di sei anni.

L’attuale presidente, Michel Boyon, 65 anni, e’ in carica dal gennaio del 2007 ed e’ stato scelto da Jacques Chirac, presidente di centro destra, precedecessore di Sarkozy che dunque ha personalmente designato, nel luglio 2010, Remy Pflimin, 58 anni, come presidente della tv pubblica per cinque anni. In precedenza aveva scelto, per un mandato della stessa durata, Jean-Luc Hees, 60 anni, per la radio pubblica ed Alain de Pouzilhac, 66 anni, per i servizi esteri (la societa’ che – fra l’altro – gestisce la rete all new “France 24”).

Nel suo programma elettorale Hollande ha chiaramente annunciato l’intenzione di rivedere questi meccanismi di “governance”: l’assemblea nazionale – che verra’ eletta il 10 ed il 17 giugno – dovra’ esaminare un progetto di legge che tolga al presidente la nomina dei vertici della radiotelevisione pubblica.  Un potere che dovrebbe essere trasferito ad una nuova autorita’ i cui membri verranno scelti dalle commissioni cultura delle due camere, a maggioranza qualificata (tre quinti).

“Non taglieremo le teste – aveva dichiarato durante la campagna elettorale aurelie filippetti, adesso ministro della cultura – lo stato deve organizzare la regolazione del settore audiovisivo nel suo insieme, legiferare sui dispositivi legati al pluralismo, alla diversita’ ed alla creazione, ma la politica si deve fermare qui, senza intervenire sui programmi, sulle linee editoriali e sulle persone”.
Per quanto riguarda le nomine, insomma, Hollande non ha fretta. Durante la campagna elettorale non ha avuto occasione di lamentarsi per il trattamento che gli hanno riservato radio e televisioni pubbliche, i cui redattori – come non hanno perso occasione di rilevare, polemicamente,  molti elettori del centro destra – sono “naturalmente” piu’ vicini alla sinistra, a prescindere dai loro direttori, che – comunque – alla politica hanno dato uno spazio enorme, ed e’ piuttosto questa la chiave dei nuovi rapporti di forza con la tv commerciale.

Dallo scorso mese di settembre, agli inizi delle primarie socialiste, France 2 ha organizzato molti dibattiti fra gli aspiranti candidati, anche in prima serata. Confronti spesso aspri, tesi a capire le effettive differenze nei loro programmi. Hollande, che poi e’ stato designato a sfidare Sarkozy, ne ha sicuramente beneficiato e non ha esitato a lasciare che le telecamere lo seguissero, sempre piu’ da vicino, nei mesi successivi in cui ha girato la Francia.

I momenti chiave della campagna sono stati alcuni grandi meeting, diffusi in diretta dalle tre reti all news (Bfm, i Tele’ ed Lci) che – in Francia – si fanno un’agguerrita concorrenza. La sinistra ha recepito una pratica inagurata da Sarkozy nel 2007: il segnale – offerto gratuitamente a tutte le emittenti – era quello di un “service” pagato direttamente dal partito. Dopo un breve dibattito nessuna tv ha voluto rinunciare a queste immagini, ma quasi sempre venivano utilizzate con la scritta “immagini ps” o “immagini ump”, vale a dire il partito di Sarkozy che, cinque anni dopo, ha mantenuto le stesse abitudini.

Vari specialisti, dopo ogni comizio, commentavano la performance dei candidati (che al primo turno erano dieci), facendo una sorta di “processo alla tappa” che dava alla campagna elettorale un ritmo da tour de france. L’apice e’ stato raggiunto la sera del sei maggio, con troupe a bordo di motociclette che davano conto dei movimenti dei due sfidanti: “ecco Sarkozy che sta per pronunciare il discorso della sconfitta..”, “qui dall’aeroporto vediamo Hollande imbarcarsi verso la festa della vittoria ..”.

Insomma, nessun francese puo’ lamentarsi di non essere stato informato a sufficenza: tutti i candidati hanno dovuto affrontare, in prima serata, le domande di giornalisti specializzati (o anche di cittadini comuni, in un format di tf1 che pero’ ha avuto meno successo). Va detto che il dibattito e’ decisamente una specialita’ “culturale” francese (i bambini imparano fin dalle elementari ad esporre in pubblico i loro argomenti) ma allo spettatore e’ stato offerto anche uno “spettacolo” decisamente televisivo (utilizzo delle dirette, delle grafica, etc) al quale era francamente difficile restare indifferenti. La politica, negli ultimi mesi, in Francia non ha fatto sbadigliare, anche perche’ la televisione (soprattutto quella pubblica), come ho cercato di spiegare, si e’ attrezzata allo scopo.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21