Di Alessandro Cardulli
Un orgasmo quello provato dai renziadi a fronte delle dichiarazioni in serie di Renzi Matteo che dichiara guerra a tutto e a tutti. Torno al Renzi 1, al rottamatore che tanto consenso mi ha portato, il buonismo (sic) non mi ha portato buono. Possibile che debba perdere tempo con Dattorre e Fassina , si domanda. No, no, arrivano le “grida”, al rogo, al rogo. Siamo all’idolatria. L’uomo solo al comando fa strike. Le cronache raccontano che i renziadi sono gasatissimi, su di giri. Il Matteo afferma: “La vera accusa che mi si dovrebbe rivolgere non è di avere messo i miei al governo ma di non averli messi nel partito”. Verrebbe da ridere, se la cosa non fosse gravissima perché si tratta di un argomento vitale per la democrazia, il rapporto fra istituzioni e partiti. Quello che c’è, l’attuale Pd, è stato voluto dal premier-segretario. Un partito liquido, dove la discussione è un tabù, la partecipazione quasi una offesa al capo. In un partito vero Renzi non avrebbe molto spazio. Lo sanno anche i suoi aficionados che accolgono le diverse interviste, con veline al seguito, con grida di gioia, perché loro sanno bene che in un partito democratico, vero, non avrebbero alcuno spazio. Ma a loro il partito non interessa, è solo il lasciapassare per posti di governo, sottogoverno. Il partito non sono gli iscritti, ma coloro che hanno incarichi elettivi. Alla Camera la faccia dura, mascella forte, parole forti, di Renzi Matteo hanno fatto tirare un sospiro di sollievo alla corte dei mediocri. Caso mai a qualcuno fosse venuto a mente di far pagare loro qualche prezzo per la sconfitta elettorale, il “rottamatore“ è tornato. “Era l’ora”, sospira un tale David Ermini, “Alla buon’ora”, aggiunge Michele Anzaldi. Lorenza Bonaccorsi non resiste: “Daje” dice sorridendo, romanesco puro sperando in una eventuale candidatura a sindaco di Roma. Per lei Matteo è un vero e proprio idolo. In particolare dopo che ha intimato al sindaco Marino “non stai tranquillo, torno rottamatore” e a Roma non è escluso si possa votare nel 2016.
I fans del Matteo ne studiano le parole, prendono appunti per le interviste
I renziadi cui spetta una qualche intervista, si preparano, prendono appunti, studiano le parole del capo, le ripassano come fossero a scuola, il giorno prima degli esami. Riportano le cronache i commenti di chi vuole mantenere l’anonimato, non si sa mai. Uno del clan dei mediocri, è già un complimento, afferma: “Abbiamo messo la testa solo sul paese, trascurando il partito. E invece ti devi occupare di tutti e due, altrimenti ti ritrovi in casa disastri come quelli di Vincenzo De Luca e di Roma”. Il paragone fra De Luca e il sindaco Marino, è una carognata, ma tutto fra brodo. Un altro riferendosi alle minoranze: “Ma ti pare – dice – che devo andare in una trasmissione televisiva e passare un’ora a contrastare quello che dice un mio collega di partito?”. Nel suo dna non c’è spazio per chi ha opinioni diverse dalle sue. Il rottamatore questo gli ha insegnato e questo deve fare.
Il segretario Pd della Calabria: oltre Matteo non c’è nulla, né per il partito né per il paese
Ascoltiamo ancora la Bonaccorsi che fa un gioco di parole: “Non serve un lavoro anche sul partito – dice – serve un lavoro soprattutto sul partito”. Sostituisce alla parola anche, soprattutto. “È fondamentale –prosegue – ed è importantissimo metterci la testa, ragionare su quale forma di corpo intermedio vogliamo costruire. Questo, devo ammettere, non l’abbiamo mai fatto, ma è il momento di iniziare”. Pensate un po’, questa signora vuole “costruire “ un corpo intermedio. Ma non lo sa cosa è un corpo intermedio? Michele Anzaldi vuole assicurazioni che il ritorno al “Renzi 1″ sia reale, “quel Renzi che è venuto da 0 ed è arrivato dove è arrivato”. “Dove ora c’è il deserto, bisogna iniziare a occuparci di quello”. Ma la palma dell’idolatra spetta a tal Ernesto Magorno, segretario regionale della Calabria: “Serve una riforma profonda di tutti i partiti, ad iniziare dal Pd. E questo chi più di Renzi è in grado di farlo? Anzi, dico di più: oltre a lui non c’è nulla, né per il partito né per il paese”. Commento? Impossibile.