C’è proprio niente da festeggiare in questo 2 giugno dunque. Le regionali hanno omologato che metà degli italiani si astiene perciò non riconosce più la sua cosa pubblica e l’altra metà pullula di consensi “rabbiosi” “provocatori”e “impresentabili”: dov’è la vittoria? Non è credibile chi ne parla godendo o, peggio, vantandosene. Credibile è (nel nostro caso: sarebbe) chi umilmente riconosce il popolo che oggi rifiuta. E’ il popolo che snobba (etimo: non concede nobiltà) la politica fatta per mestiere che nel nostro Paese è retribuito profumatamente e, alla bisogna, è pure fonte di ingorda corruzione e/o associazione mafiosa. Quanto ancora potrà reggere l’attività politica esercitata da centinaia di migliaia di volontari a titolo gratuito nell’interesse esclusivo della cosa pubblica, non possiamo saperlo, ma certo è che se e quando questa attività così nobile comincerà a smagliarsi, il Paese si troverà zeppo di buchi enormi non più rammendabili.
No, la festa non è più qui. La festa (giusto per pochi eletti, eletti da pochi) non è cosa pubblica: è privata ed è a inviti.