C’è un collega siciliano, si chiama Rino Giacalone. E’ un giornalista che si occupa di mafia, lo fa in un territorio difficile dove scrivere è ancora un mestiere che ti può far correre dei rischi. Rino è un amico ma questo non significa niente. Posso dire che è un professionista, che ha seguito processi difficili e che non si è mai tirato indietro quando c’era una storia scomoda da raccontare. In mezzo alle difficoltà ha sempre risposto con un grande sorriso e ai colleghi “stranieri” ha sempre regalato notizie e documenti. Qualche giorno fa, sui social, dove nessuno sembra prendersi la responsabilità di quel che scrive iniziano a girare strane allusioni ad un giornalista coinvolto in un’indagine. Nessun riferimento specifico, nessuna ipotesi di reato dichiarata solo un po’ di fango gettato su un collega di cui non si fa il nome che avrebbe commesso chissà quali nefandezze. I social sono una mezzo perfetto per far circolare un pettegolezzo da bar travestito da notizia tant’è che nel giro di pochi giorni si realizza la trasformazione: quelle poche frasi sibilline diventano un articolo.
Ecco che Rino Giacalone diventa il protagonista di un pezzo pubblicato su un giornale locale e subito dopo ripreso da una televisione locale. Si, è proprio lui il collega di cui si parla da giorni sui social, è su di lui che indagano perché avrebbe millantato conoscenze tali da risolvere un problema ad un amico imprenditore. Il pettegolezzo è diventato un fatto, “la procura non conferma e non smentisce” scrive il collega nel suo articolo e sappiamo bene quando viene usata questa frase. La notizia viene rilanciata sulla Tv locale e Rino è a casa che ascolta senza potersi difendere le accuse che gli piovono addosso. L’ho sentito per telefono il pomeriggio dopo, piangeva Rino Giacalone. Spero che chi di dovere si muova chiedendo il rispetto del codice e della deontologia professionale perché ci sono ancora regole e comportamenti da rispettare quando si insinua un’ipotesi di reato a carico di qualcuno. Oggi Rino Giacalone ha detto che ha avuto la conferma dalla Procura di Trapani non risulta esserci nessuna indagine su di lui e io sono contenta. Contenta perché spero di veder tornare sul suo viso subito un sorriso e sentire la sua battuta pronta a cogliere l’aspetto surreale di tutta questa situazione ma so che non sarà così. La sua solitudine di questi giorni non sarà cancellata, mai dimenticherà l’attacco contro di lui che ha utilizzato la stessa arma che per lui era strumento di libertà d’ informazione. Io non difendo un collega ma un mestiere posto a garanzia in un sistema democratico e quello che è successo deve farci riflettere tutti e chiedo anche scusa a Rino per un silenzio durato troppi giorni.
Una collega che ti stima profondamente come giornalista e come essere umano