Un’equa distribuzione, incentivi per i comuni che accolgono e nuovi e più efficienti strutture regionali. Oltre a uno snellimento dell’esame delle domande d’asilo. Così, il Viminale si avvierebbe ad abbandonare i due sistemi d’accoglienza paralleli, per convergere gradualmente verso la rete Sprar
TORINO – Al netto delle polemiche sul lavoro gratuito, e dei secchi “no” all’arrivo di nuovi profughi da parte dei governatori “ribelli”, l’incontro appena trascorso tra l’Anci, il ministro Alfano e le regioni potrebbe segnare un passaggio importante nella definizione di un nuovo sistema d’accoglienza. Ne è convinta Monica Cerutti, assessore all’immigrazione in Piemonte, che al meeting ha partecipato in veste di coordinatrice nazionale dei suoi colleghi. A sentir lei, si andrebbe finalmente prefigurando “l’uscita da una logica di emergenza costante,con una progressiva soppressione del sistema gestito dalle Prefetture e la parallela convergenza verso la rete Sprar”. “Questo – precisa l’assessore – non potrà essere realizzato oggi, tantomeno domani; ma è in quella direzione che si cerca di andare”.
A tal proposito, però, sarà necessaria un’omogenea ripartizione dei profughi sul territorio nazionale, come ha ricordato lo stesso Alfano, sottolineando come non si possa chiedere “l’equa distribuzione in Europa se prima non la si realizza in Italia”. Secondo Cerutti, a livello regionale ciò avverrà in base a due criteri fondamentali: il numero di rifugiati già presenti sul territorio e la percentuale di accesso al fondo per le politiche sociali da parte di ogni regione. “Quest’ultima, però – sottolinea l’Assessore – rappresenterà soltanto un parametro di riferimento: il fondo non verrà in alcun modo toccato, ed è importante far chiarezza sul punto, perché altrimenti si rischia di prestare il fianco a nuove strumentalizzazioni”. Per convincere all’accoglienza i comuni recalcitranti – che potrebbero comunque ammorbidirsi dopo le amministrative del 31 maggio – sarebbero invece allo studio dei meccanismi premiali, “come incentivi e sgravi fiscali, che al momento restano però ancora da definire”. “In questo caso – continua Cerutti – credo che anche gli assessori regionali dovranno cercare di stabilire un dialogo con le amministrazioni: ad oggi, in Piemonte come in altre regioni, ci sono comuni non hanno ancora attivato alcun posto Sprar. La coercizione non rientra tra i nostri compiti, ma se davvero il Viminale deciderà di mettere a punto un sistema di incentivi, le regioni potrebbero incaricarsi di mediare con le pubbliche amministrazioni”.
C’è inoltre la questione degli hub regionali, destinati alla primissima accoglienza dei rifugiati, prima dello smistamento verso i vari progetti Sprar: il Viminale ne vorrebbe almeno uno per regione, da individuare nei prossimi due mesi, con una capienza media di almeno 300 posti cadauno. “In questo caso – precisa Cerutti – l’aspetto importante è rappresentato dal fatto che, per agevolare una più rapida individuazione delle strutture, le regioni potranno avvalersi dell’aiuto di altri enti ministeriali, come quello per il demanio o per la spesa”.
E resta poi aperto il discorso relativo al nuovo bando Sprar, chiesto a gran voce da Comuni ed enti gestori, le cui disponibilità si avviano alla saturazione: l’unica certezza in proposito è che a breve i posti per i minori verranno raddoppiati, ma secondo Cerutti “sarà inevitabile espandere l’intera rete, se davvero si vuol convergere verso un unico sistema”. L’altra richiesta delle regioni riguardava lo snellimento delle procedure adottate dalle Commissioni per l’esame delle richieste d’asilo, che al momento sarebbero tra le principali responsabili del sovraffollamento dei centri d’accoglienza, con tempi d’attesa che arrivano fino a due anni. Secondo Cerutti, anche in questo caso i segnali sarebbero incoraggianti; “ è probabile – conclude – che vengano innanzitutto adottate procedure semplificate per quei paesi che, come la Siria, si trovano in una evidente situazione di conflitto”. Resta da vedere, però, se gli enti locali riusciranno a spuntarla anche sull’aumento delle commissioni territoriali: al momento sono una per regione, indipendentemente dal numero dei migranti ospitati; un’altra delle cause di quel collo di bottiglia che, ciclicamente, rischia di paralizzare l’accoglienza italiana. (ams)