Negli ultimi giorni numerosi commentatori politici nostrani hanno dato per spacciata l’alternanza britannica e il carattere tendenzialmente bipartitico del Regno Unito. Certi commenti sono giunti a valle di quanto accaduto di recente nel nostro Paese con la approvazione della legge elettorale meglio nota come Italicum, non senza alcuni tentativi, sinceramente un po’ bislacchi, di promuovere la riforma elettorale sostenendone le capacità stabilizza, o al contrario criticare spingendo sugli effetti disrappresentativi.
In molti, si potrebbe dire la stragrande maggioranza, hanno sostenuto con un parallelo assai rischioso che l’ingovernabilità tipicamente europea, intendendo con ciò la difficoltà per i governi di contare su maggioranze stabili con numeri certi e ampi in Parlamento, avrebbe colpito in occasione di questa tornata elettorale anche la culla della democrazia parlamentare europea nonché del bipartitismo e dell’alternanza. A chi cerca di dimostrare capacità predittive va sempre riconosciuto il coraggio di esporsi, per quanto spesso tale esposizione non conduca di per sé ad alcuna responsabilità né a ridurre la credibilità dell’autore.
Ad ogni modo, di seguito sono riportati i risultati delle ultime elezioni britanniche dal 1992 ad oggi in termini di seggi. Come si può notare ad esclusione del caso del 2010, quando i Conservatori non raggiunsero la maggioranza dei seggi attestandosi a 306 (invece che 326), non si ravvedono scostamenti rispetto al ‘normale’ funzionamento del sistema elettorale britannico.
Probabilmente, da un lato le elezioni suppletive e quelle europee che videro lo Ukip di Farage guadagnare un seggio in più alla Camera dei Comuni e 24 a Bruxellese, e dall’altro quelle nazionali in Scozia che condussero nel 2011 lo Scottish National Party (Snp) a conquistare la maggioranza del parlamento nazionale, hanno condotto gli osservatori italiani a considerare praticamente estinta la dinamica maggioritaria e bipartitica nel Regno Unito.
I fatti dimostrano, almeno oggi per una volta ancora, che il sistema maggioritario britannico è invece ancora funzionante e redivivo, vista anche la controtendenza rispetto al 2010. Da niotare come si possa registrare un saldo zero tra il numero di seggi persi dai laburisti (-26) e dai liberali (-49), e quelli conquistati dagli scozzesi (+50) e dai conservatori (+35).
Il sistema quindi rimane incentrato su due forze maggiori e maggioritarie, alle quali si aggiunge una terza forza relativamente minore come ormai consolidatosi dal 1997. Degno di nota è che la forza in questione ha un carattere nazionalista (scozzese) e quindi a differenza dei lib-dem non è di ispirazione unionista, diciamo così. D’altro canto, però, gli esiti del referendum scozzese del 2014 contribuiscono a porre una ipoteca sulla resistenza nel lungo periodo dello Scottish National Party.
Nota di colore: considerando che Cameron potrà governare con appena 5 seggi di scarto, sarà interessante osservare se la ben nota disciplina interna di partito continuerà a funzionare o se, come accade qui da noi, i franchi tiratori potranno avere un ruolo decisivo nelle dinamiche parlamentari.
Partito | 1992 | 1997 | 2001 | 2005 | 2010 | 2015 |
Conservatori | 336 | 165 | 166 | 198 | 306 | 331 |
Laburisti | 271 | 418 | 412 | 355 | 258 | 232 |
Liberali-Democratici | 20 | 46 | 52 | 62 | 57 | 8 |
Democratici Uninisti (DUP) | 3 | 2 | 5 | 9 | 8 | 8 |
Scozzesi (SNP) | 3 | 6 | 5 | 6 | 6 | 56 |
Indipendentisti no euro (UKIP) | – | – | – | 1 | 1 | 1 |
Altri | 24 | 30 | 29 | 38 | 28 | 22 |
Fonte: http://www.politicsresources.net/area/uk/percentvote.htm