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Il cappello di Alfano sul governo, il pasticcio sulla scuola: il Pd renziano in difficoltà

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Pino Salerno

All’indomani del grande e compatto sciopero di tutto il mondo della scuola, che ha portato nelle piazze italiane più di cinquecentomila persone tra insegnanti, lavoratori, studenti e famiglie, forze politiche e governo cercano di porre rimedio al Disegno di legge di riforma scolastica in discussione alla Camera dei deputati. E ciascuno tira l’acqua al proprio mulino, con dichiarazioni a volte impegnative, come quella del ministro dell’Interno Alfano, e con iniziative farlocche, come la presunta convocazione dei sindacati annunciata dal presidente del Pd Matteo Orfini.

Andiamo con ordine, e partiamo da una dichiarazione di Angelino Alfano, che dovrebbe scuotere l’intera compagine di governo, il premier e segretario Pd Renzi, e tutti coloro che lo sostengono. Cos’ha detto Alfano? Ha sostanzialmente “messo il cappello”, come si usa dire, sulle riforme, o meglio, sulle controriforme, della maggioranza, togliendo quel velo di ipocrisia che come una cappa avvolge i discorsi demagogici dei democratici. Ecco l’impegnativa dichiarazione di Alfano, dopo quel difficile primo maggio milanese, coi black blocs padroni delle strade, e lo sciopero pacifico di martedì: “Sulla scuola oggi ci sono proteste della sinistra perché si fanno cose di centrodestra e la stessa vale per il Jobs Act e per la responsabilità civile dei giudici”. Molto interessante come dichiarazione. Semmai ve ne fosse stato bisogno, Alfano conferma quel che noi abbiamo sempre sostenuto da queste colonne: non basta “dirsi riformisti” per fare buone riforme, occorre misurarsi col merito dei provvedimenti. Ora, Alfano ci dice che le riforme del lavoro, della Giustizia e della scuola hanno una matrice di destra. Siamo d’accordo, e lo gridiamo da molti mesi. Anzi, addirittura Alfano sfida la sinistra, che sciopera e manifesta, proprio per le caratteristiche di destra dei provvedimenti. Questa valutazione dovrebbe far scattare qualche riflessione più profonda nel Partito democratico, e forse dovrebbe sollevare la questione politicamente rilevante del peso che il Nuovo centrodestra pretende di avere nell’azione di governo. Perché delle due l’una: o ha ragione Alfano, per il quale esiste una egemonia di destra sul governo e sulla maggioranza su temi fondamentali quali il lavoro, la scuola e la giustizia, e allora il Pd dovrebbe rivedere le proprie strategie, oppure ha torto e qualche scudo andrebbe sollevato contro di lui. Se ha ragione, il marchio riformista del primo governo Renzi – come affermiamo da tempo – è decisamente di destra, e ben venga il conflitto sociale, da sinistra. Se ha torto, dica Renzi come intende proseguire nel suo rapporto con il NCD, perché ad esempio, sui diritti civili, in politica estera, sulle politiche della sicurezza, solo per citarne alcune, un governo che dice “cose di destra” ci spaventa.

La seconda notizia è relativa alle iniziative del Pd sulla scuola: l’incontro nella mattinata di mercoledì tra Renzi e i parlamentari impegnati in Commissione Cultura forse ha portato a qualche saggio cambiamento, o forse no. Lo vedremo nel corso del dibattito parlamentare. Invece fa in qualche modo sorridere la presunta convocazione del presidente del Pd Orfini dei sindacati sulle modifiche al Ddl sulla scuola. Da fonti sindacali ben informate, ci viene confermato che non esiste alcuna convocazione formale, e che tuttavia il confronto che viene chiesto dal mondo della scuola è col governo, col premier, non certo con esponenti, sia pure di spicco, di un partito. Non solo, la fonte ci dice che perfino sugli eventuali emendamenti al Ddl, che stanno girando in queste ore nelle aule parlamentari, non vi è quel consenso generale e solidale necessario in questo caso. Insomma, si tratta di un enorme ennesimo pasticcio, politico ed istituzionale, nato però dal solito metodo renziano: prima decido, poi mi confronto.

da jobsnews.it


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