l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle. (Paradiso · Canto XXXIII)
La luce, le ombre, i colori, le architetture, i lamenti, i voli, le vertigini, la magia, il cammino, le visioni, l’intero universo costruito da Dante nel suo viaggio immaginifico attraverso i tre regni dell’oltretomba è da sempre fonte d’ispirazione per la creazione artistica, nutrendone come una verità profonda la scelta iconografica e iconologia.
La mano dell’artista viene guidata nella genesi della rappresentazione pittorica attraverso il mistero della più illuminante delle menti umane, nessuno come il Sommo Poeta, fatta eccezione per i testi sacri, ha ispirato una nuova visione dell’arte tramutandola in una immaginaria parola dipinta: “Caron dimonio, con occhi di bragia loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia”, il Canto III dell’Inferno risuona come una musica di Bach dalla parete del Giudizio Universale di Michelangelo.
Dante costringe il lettore a rilevare la natura del suo viaggio, dalle visualizzazioni più antiche legate alle miniature degli illustratori trecenteschi della Commedia, a interpretazioni più intimistiche e intrise di feconda creatività. Impossibile non cogliere nelle Carceri del Piranesi l’Inferno Dantesco o nelle invenzioni della fantasia di Bosch un legame con la visionarietà di Dante.
Gli abissi interiori tra discesa e ascesa in cui il poeta si incammina accompagnato da Virgilio e da Beatrice abitano la straordinaria bellezza delle tenebre del sublime Füssli quando dipinge i peccatori imprigionati nel ghiaccio di Cocito: ” Oh sovra tutte mal creata plebe che stai nel loco onde parlare è duro, mei foste state qui pecore o zebe”,e percorrono l’intero corpus poetico di William Blake, l’artista che più di ogni altro ha saputo mutarne l’interpretazione nella sua opera pittorica. Il turbine dei lussuriosi che il visionario artista immagina racconta la tempesta di vento che inquieta le anime dei peccatori nel V Canto dell’Inferno in cui Dante e Virgilio incontrano Paolo e Francesca: “Poeta, volentieri parlerei a quei due che ‘nsieme vanno e paion sì al vento esser leggeri”.
Il Minotauro, collocato da Dante a guardia del girone dei Violenti, racconta l’uomo e la sua natura umana e bestiale. È l’antica lotta tra ragione e istinto, violenza e tenerezza, vita e morte che ispira l’opera di un genio come Pablo Picasso che lo aveva identificato come suo alter ego.
Dante mutò profondamente il sentire di innumerevoli artisti, difficile menzionarli tutti, ma impossibile non ricordare “La Porte de l’Enfer” di Auguste Rodin, il maestro francese chiamò il poeta “lo scultore letterario” e lavorò a quest’opera rimasta incompiuta a più riprese per oltre trent’anni. Nell’idea iniziale a fronteggiare l’entrata dell’Inferno doveva essere collocato Il Pensatore, per Rodin l’immagine di Dante stesso che sovrasta l’abisso e medita sul suo poema. Ad oggi malgrado l’identità perduta resta il ritratto più fedele del Sommo Poeta.