Alcuni costituzionalisti, come i professori Alessandro Pace che è il presidente dell’Associazione nazionale che li raccoglie, e il professore Alessandro Pertici che insegna all’Università di Pisa, per non ricordare quel che ha già detto nei giorni scorsi Gustavo Zagrebelski, già presidente della Consulta, fanno apparire con chiarezza che la scelta del presidente del Consiglio e segretario del Partito democratico, di sostituire i dieci deputati che non sono d’accordo con l’Italicum, la legge elettorale nell’ultima versione approvata, con deputati vicini al governo, contraddice senza dubbio più di una regola fondamentale tra quelle che reggono i rapporti tra i partiti politici e l’attività di quelli che ne fanno parte.
Il professor Pertici non ha dubbi in proposito: “Il parlamentare, pur eletto con un partito di cui condivide gli orientamenti, deve comunque agire secondo il proprio convincimento in base al divieto di vincolo di mandato. Farà sue valutazioni dentro alle quali ci sarà anche una riflessione sull’aderenza all’indirizzo di gruppo ma alla fine deve decidere e votare liberamente.” E ancora, riferendosi alla sentenza numero 14 del 1964, ricorda che “il divieto di mandato imperativo importa che il parlamentare è libero di votare secondo l’indirizzo del suo partito ma è anche libero di sottrarsene. Nessuna norma potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a carico del parlamentare per il fatto che egli abbia votato contro le direttive del partito. E’ chiaro che ogni parlamentare farà il suo bilancia mento tra la rappresentanza della Nazione e la sua appartenenza politica: i l gruppo rimane libero di sanzionarlo. Ma non in quanto parlamentare ma in quanto membro del gruppo.” Secondo Pertici, far valere più la disciplina di partito rispetto a quella parlamentare “sarebbe grave e privo di fondamento. Il divieto di mandato imperativo è una norma fondamentale che assicura al parlamentare di non essere condizionato da interessi precisi e anche di poter mantenere fede agli impegni presi con gli elettori.” Insomma ritiene che si debba parlare di una “forzatura” da parte del leader come pensa peraltro la maggioranza degli osservatori italiani e stranieri.
E Pace conclude, in maniera per certi aspetti più chiara e aperta, sul complesso della politica praticata negli ultimi mesi dal leader del partito democratico:” Il vero è che sin dall’inizio il “gioco” del governo-che comprende sia la legge elettorale sia la revisione costituzionale-è stato impostato in maniera scorretta. Si è infatti consentito alle Camere delegittimate dalla incostituzionalità del Porcellum-che per la Corte avrebbe potuto durare tutto al più un paio di mesi -di continuare tranquillamente ad operare con parlamentari che sanno benissimo che se le Camere saranno sciolte, non saranno più rieletti. Per cui, con questi parlamentari, Renzi ha buon gioco a ricordare loro continuamente che “tutti devono sapere che se l’Italicum cade io vado a casa. E loro con me.” In questa situazione non c’è dubbio che Renzi rischi l’isolamento in parlamento ma anche in zone ampie della pubblica opinione vicina ai democratici. Ma per ora sembra deciso ad andare avanti in ogni caso pagando qualsiasi prezzo gli sia richiesto per venire a caso dell’approvazione dell‘Italicum e della molto discutibile riforma del Senato a costo perfino di riunire tutte le opposizioni dentro e fuori del suo partito contro il progetto.