Uno striscione e cori contro Matteo Spini, collaboratore de La Gazzetta dello Sport. Su Facebook un utente invita “ad andare a casa” del giornalista
Uno striscione con un insulto scritto a caratteri cubitali, un coro, minacce nei messaggi privati e nei commenti sui social network. Il giornalista Matteo Spini, collaboratore della Gazzetta dello Sport e dell’Eco di Bergamo, è finito nel mirino dei tifosi dell’Atalanta dopo un articolo pubblicato su gazzetta.it sabato 11 aprile in cui il cronista raccontava del blocco di cinque minuti dell’allenamento della squadra a porte aperte da parte dei tifosi bergamaschi e del discorso tenuto da uno dei capi ultrà ai calciatori. Il giorno dopo, durante la gara del campionato di Serie A tra Atalanta e Sassuolo, all’esterno dello stadio è stato affisso uno striscione con la scritta in rosso e nero “Matteo Spini verme”. Il cronista, contro cui sono stati fatti anche dei cori, non era allo stadio su consiglio dei suoi caporedattori e della Digos di Bergamo a causa del clima teso che si era creato contro di lui. “Sono rimasto a casa – racconta a Ossigeno – e anche in questi giorni sto lavorando dalla mia abitazione. Spero che la situazioni si calmi al più presto perché voglio tornare a fare il mio lavoro”.
Tutto è nato per un breve articolo apparso sul sito web della Gazzetta: “Era stato dettato al volo – spiega Spini – è stato online una mezz’ora per poi essere modificato con una nuova versione, e con un nuovo titolo, appena sono rientrato a casa”. Nel frattempo però lo screenshot (schermata della notizia) con la prima versione firmata dal cronista ha iniziato a rimbalzare nei gruppi Facebook e sui forum dei tifosi bergamaschi. Da lì sono iniziati gli insulti e le minacce. Un utente in un commento scrive: “Ma qualcuno che va a casa di tale Matteo Spini a Bergamo non c’è?”.
Non è la prima volta che Spini, giornalista pubblicista che si occupa di Atalanta per la Gazzetta dello Sport da un anno e da sedici collabora con l’Eco di Bergamo, ha problemi con la tifoseria atalantina. “Nei gruppi della curva dell’Atalanta sabato hanno gettato benzina sul fuoco rilanciando vecchi articoli – racconta il cronista – dopo il tam tam sono stato affossato di insulti e minacce”. Il 30 maggio 2013 un articolo sul funerale del dirigente atalantino Franco Morotti, ripubblicato negli scorsi giorni su uno dei gruppi Facebook degli ultras, aveva provocato le ire dei tifosi. “Un capo ultras – racconta – era venuto a cercarmi e sbraitare sotto la redazione dell’Eco, poi si è tranquillizzato. Nei mesi successivi invece avevo ricevuto minacce in discoteca mentre ero con la mia fidanzata. E lei stessa era stata minacciata da una persona di sua conoscenza”. Tanti piccoli episodi, dice il cronista, “che negli ultimi tre anni hanno creato questo clima di tensione contro di me”. Fino allo striscione di domenica. “Non penso che queste minacce si possano trasformare in fatti ma non si era mai arrivati a questi livelli”.
Il giornalista ora dovrà decidere se ritornare allo stadio per la prossima partita in casa del 26 aprile contro l’Empoli. “Voglio sperare che tutto sia ritornato alla normalità – dice – è assurdo e una follia non poter fare il mio lavoro e dire ai miei giornali di non poter andare perché altrimenti mi minaccerebbero”.
Spini in questi giorni ha ricevuto la solidarietà di colleghi e amici. E soprattutto dei giornalisti della Gazzetta dello Sport: “Mi sono sentito tutelato e aiutato”, dice.
GA