“I padroni di sabbia, Villaggio Coppola storia di un declino” – di Salvatore Minieri

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Quando ricevi un libro che poi dovresti, con attenzione, recensire provando a immergerti tra le pagine scritte con passione dall’autore la prima cosa che si prova a fare, almeno secondo il modesto parere del sottoscritto, è comprendere quale possa essere la giusta chiave di lettura, oppure il punto centrale che ti permetterà poi di capire quanto stai leggendo.

Questo è quanto ho fatto quando ho ricevuto “I padroni di sabbia, Villaggio Coppola storia di un declino” (Spring Edizioni euro 15) di Salvatore Minieri, cercando la chiave giusta che mi potesse spingere tra le pagine di un lavoro editoriale, che però avrebbe meritato una veste grafica più attenta, i cui fini erano chiari già dalla lettura del titolo. Qui si parla di Castel Volturno, località tristemente nota per gravi episodi violenti di camorra, come la strage di San Gennaro del 18 settembre del 2008, quando un commando omicida guidato dal “cecato” Giuseppe Setola spara all’impazzata su inermi cittadini extracomunitari, ammazzandone sette, solo per far comprendere chi comanda su quel territorio. Ma ancora prima di tutto questo Castel Volturno è nota all’umanità, sì proprio ad essa, per gli scempi edilizi, essendo addirittura considerata dall’Unesco “uno dei tre siti più devastati al mondo sotto il profilo ambientale”.

Questa è storia del Villaggio Coppola, storia dei fratelli Coppola che da venditori di baccalà sono diventati arditi costruttori di abitazioni e confezionatori di sogni. Su uno dei siti più belli del Mediterraneo, dove si trovavano “ben 150 specie di animali, inserite in un ecosistema perso per sempre”, in pochissimi anni nascono Baia Domitia e Villaggio Coppola, “una Copacabana” di provincia completamente abusiva. Le parole difficilmente possono rendere l’idea, perché tutto potrebbe apparire al pensiero razionale dei tanti come qualcosa di difficile realizzazione in uno Stato normale. E invece ecco che Minieri, con il suo racconto scorrevole, interessante e a tratti raggelante ci accompagna in questo eden dell’abusivismo, che tutti, ma proprio tutti, hanno permesso si realizzasse, e che ha distrutto tutto, anche le millenarie testimonianze archeologiche. E la chiave di lettura, qualcuno di voi ancora vorrà chiedermi.

Nessuna preoccupazione, Minieri la offre immediatamente nella sua premessa paragonando il litorale Domizio dei fratelli Coppola e l’illusionista inglese Jaspe Maskelyne con il suo finto porto di Alessandria, costruito nel 1944, per distrarre le truppe tedesche che bombardarono, perché tratti in inganno, quella quinta scenografia in luogo del vero porto. E così, afferma Minieri, è avvenuto anche qui, su questo litorale casertano dove oltre un milione e mezzo di metri cubi di cemento, innalzati follemente sulla sabbia e sulla costa sottratta al mare, avrebbero dovuto consentire di vivere vacanze da sogno a tutta una media e finta borghesia formatasi tra Napoli e Caserta con l’aggiunta di una gran fetta di stranieri. I cartelli dicevano: “Città dell’Uomo”, “Paradiso dei Fiori” e per trent’anni ci hanno creduto tutti. Illusione pura signori, che ha tratto tutti in inganno.


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