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Facebook si mangia i giornali

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Un patto tra i quotidiani e il social network potrebbe cambiare il modo di fruire le notizie online. Ma gli editori saranno disposti a scendere a compromessi?

di Andrea Falla

In un futuro neanche così lontano, gli utenti potranno leggere le notizie direttamente su Facebook, in spazi affittati dai quotidiani, senza essere reindirizzati ad altri siti. Questa ultima proposta ‘indecente’ di Mark Zuckerberg dimostra ancora una volta come il social network sia interessato ad entrare sempre di più nel processi d’informazione, in cui già ora ricopre un ruolo di primo piano, essendo una delle piattaforme più utilizzate per la diffusione di notizie. Ma in che consiste questo moderno patto con il diavolo? Addio link, la notizia che diventa interamente fruibile sulla bacheca, risparmiando al lettore quegli 8 secondi (circa) di attesa. In cambio Facebook offre una divisione degli introiti ricavati dalla pubblicità.

In parole povere, gli editori dovrebbero rinunciare non soltanto ad una grande fetta di contatti sulla propria piattaforma, ma perderebbero anche il ‘potere’ di scegliere quale contenuto condividere sui social. Un ‘piatto’ che visto così sembra tutt’altro che appetitoso, ma che invece qualcosa di buono deve avere, visto che testate del calibro di New York Times, National Geographic e BuzzFeed sembrano disposte a scendere a compromessi. In effetti, non conoscendo ancora i termini economici di un accordo simile, non è possibile giudicare a pieno l’offerta, anche se chiamare in aiuto la classica tabella dei ‘pro e contro’ può aiutare a capire di cosa stiamo parlando. Partiamo dai contro: il numero di contatti ‘persi’ diventa inestimabile, visto che si direbbe addio sia a quelli diretti (che hanno cliccato dal social) sia a quelli che potremmo chiamare ‘di rimbalzo’ (ossia quei lettori che, entrati in un sito da una diversa piattaforma, ci rimangono leggendo altre pagine dello stesso sito). Inoltre la scelta dei contenuti riservata al social permetterebbe sì di dire addio a bufale e notizie trappola, ma toglierebbe ai quotidiani anche un pizzico di identità, trasformandoli quasi in dipendenti al servizio di Facebook, a gestire dei quotidiani online divenuti come archivi. Infine gli editori sarebbero così costretti a dividere con Zuckerberg una fetta degli introiti pubblicitari, che prima finivano tutti nelle ‘tasche’ del giornale.

In uno scenario così pessimistico soltanto un folle cederebbe alle lusinghe di Facebook, ma come abbiamo detto in precedenza, esistono anche dei pro da valutare. Già adesso con il suo fantomatico algoritmo, il social network di Zuckerberg dà visibilità diversa in base alla testata e al tipo di contenuto condiviso, visibilità che diventerebbe sicuramente ‘migliore’ se si entrasse a far parte di questa ‘famiglia’. Inoltre la vendita di spazi pubblicitari e banner sui social ha superato quella sui quotidiani, creando le condizioni economiche per cui un accordo del genere potrebbe anche rivelarsi vantaggioso. Poi c’è anche un altro fattore da non sottovalutare, i lettori sarebbero i primi a trovarne giovamento, grazie a tempi più brevi per leggere una notizia e contenuti più vicini ai propri interessi.

Ma quindi, a cosa andiamo incontro? Gli scenari futuri sono molteplici e difficili da prevedere. Se le grandi testate come il Nyt o il Guardian (uno dei più scettici) risponderanno ‘picche’, la proposta potrebbe finire nel dimenticatoio come gli esperimenti Newswire e Paper. Ma se dovessero arrivare i primi “mi piace” all’idea di Zuckerberg andremmo incontro ad una spaccatura, con i quotidiani che hanno accettato che potranno usufruire di una ‘corsia preferenziale’ sul social network, un privilegio che con il tempo potrebbe costringere anche gli editori contrari a sottostare a questa nuova politica, per non rischiare di essere tagliati fuori.

Facebook si fa forte del suo essere diventato uno strumento ‘centrale’ nell’informazione online, grazie ad un bacino di utenti perfetto per la diffusione e l’interazione, che è divenuto indispensabile per i giornali 2.0, la cui maggior parte finirebbero per chiudere i battenti in caso di divorzio da questo colosso. Presto gli editori saranno messi di fronte ad un bivio: unirsi e difendersi da questo ‘mostro giornalivoro’ o andarci a cena, seduti l’uno di fronte all’altro, con la consapevolezza di essere la ‘portata principale’. Buon appetito.

Da vociglobali.it


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