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Sgomberi, razzismo, emarginazione. “Non cambia la vita di rom e sinti”

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Nel 2014 sono stati eseguiti oltre 230 sgomberi forzati a Roma e Milano, progettati nuovi campi nomadi (2 solo a Roma), registrati 443 discorsi di odio contro i rom, di cui l’87% da parte di politici. È quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Associazione 21 luglio su rom, sinti e camminanti in Italia

ROMA – A distanza di 3 anni dal varo della Strategia nazionale per l’inclusione di rom, sinti e camminanti (adottata nel febbraio 2012 dal governo italiano in seguito alla Comunicazione 173/2011 della Commissione europea che fa rientrare l’inclusione dei rom tra le priorità dell’Ue per il 2020), le condizioni di vita di queste comunità non sono cambiate molto. È quanto emerge dal Rapporto annuale 2014 dell’Associazione 21 luglio. “Nel 2013, dopo la conclusione dello ‘Stato di emergenza nomadi’, una nuova stagione sembrava profilarsi all’orizzonte – scrive  Carlo Stasolla, presidente della 21 luglio nella prefazione al rapporto – In realtà, l’approccio emergenziale ha continuato a rappresentare il leitmotiv di ogni azione pubblica”. Basta dare un’occhiata ai numeri degli sgomberi: nel 2014 a Roma ne sono stati documentati 34 con 1.135 persone coinvolte per una spesa stimata in oltre 1,3 milioni di euro, mentre a Milano nel periodo gennaio-settembre 2014 ne sono stati registrati 191 con 2.276 persone coinvolte. Senza contare che, nonostante tra le indicazioni dell’Ue ci sia il superamento dei campi, in Italia si continua a progettarne di nuovi, di cui 2 solo a Roma. A questo si aggiunge poi l’antigitanismo radicato nel nostro Paese, anche per responsabilità di politici e operatori dell’informazione: nel 2014 su 443 discorsi di odio contro i rom e i sinti (di cui 2014 gravi) l’87% proveniva da esponenti politici mentre circa il 70% è stato registrato nelle 5 Regioni ‘ex emergenza’ (Lombardia, Lazio, Campania, Veneto, Piemonte) dove c’è il maggior numero di campi autorizzati. “L’antiziganismo non è un fenomeno a impatto neutrale, non si limita a una mera questione di opinione, ma ha gravi ripercussioni che lo connotano come un fenomeno altamente pericoloso, e quindi come tale deve essere considerato una minaccia per una società democratica effettivamente plurale e inclusiva”, scrive Stasolla.

I numeri. Nell’immaginario collettivo italiano, la presenza dei rom e dei sinti è ritenuta numericamente rilevante in quanto percepita come fastidiosa, molestatrice e attentatrice alla pubblica sicurezza. I numeri però ci dicono il contrario: secondo le stime del Consiglio d’Europa in Italia vivono tra i 120 mila e i 180 mila rom e sinti, pari allo 0,25% della popolazione totale (una delle percentuali più basse d’Europa, dove vivono 12 milioni di rom e sinti di cui 6 milioni nell’Unione europea) di cui, nonostante il ripetuto etichettamento dei media, solo il 3% persegue uno stile di vita itinerante. “Se poi scendiamo nel dettaglio, scopriamo che i rom e i sinti ‘visibili’ sono coloro che vivono il disagio abitativo che, in Italia, equivale alla probabile condanna a una vita all’interno dei cosiddetti campi nomadi – scrive Stasolla – La percentuale precipita così verso un misero 0,06% in quanto riferita ai 40 mila rom e sinti che vivono in insediamenti formali e informali, sui circa 180 mila totali. Uno 0,06% identificato negli anni precedenti come una ‘emergenza nazionale’ e per il quale l’Italia si è impegnata a stendere davanti all’Europa una Strategia nazionale per l’inclusione”. Circa la metà dei rom e sinti che vivono in Italia ha la cittadinanza, mentre quasi il 60% ha meno di 18 anni. Si stima che siano 15 mila i minori a rischio di apolidia. La maggior parte di rom e sinti si concentra nel Lazio, in Lombardia, in Calabria e in Campania. Si registrano numeri consistenti anche in Piemonte, Abruzzo e Veneto. Un quarto dei rom che risiede nei campi vive in Lazio, mentre si arriva al 51% se si prendono in considerazione anche Lombardia e Piemonte.

L’attuazione della Strategia. Se già nella prima valutazione sullo stato di attuazione delle Strategie nazionali nei Paesi membri effettuata dalla Commissione europea nel 2012, l’Italia non viene riportata come esempio di good practice in nessuna delle 4 aree di intervento previste (istruzione, alloggio, salute, impiego), in quelle del 2013 e 2014, nonostante alcuni aspetti positivi e passi avanti, continuano a risaltare carenze. In particolare, nel coinvolgere la società civile, nel coordinamento tra realtà nazionale e locale, nei meccanismi di monitoraggio e nello stanziamento di finanziamenti adeguati. La stessa Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato aveva evidenziato nel 2013 un forte ritardo nell’attuazione della Strategia, ritardo che a fine 2014 non risulta essere colmato. In particolare, si rileva una disomogeneità nell’applicazione a livello territoriale e un elevato grado di discrezionalità da parte degli enti locali nel declinare le misure previste a livello centrale. A febbraio 2015 risultano attivi solo 10 Tavoli regionali per l’applicazione della Strategia nazionale a livello locale sui 20 previsti (Umbria, Toscana, Emilia-Romagna, Molise, Liguria, Marche, Piemonte, Calabria, Campania, Lazio). In 3 casi su 10 (Umbria, Liguria, Lazio) l’istituzione del tavolo non ha significato l’avvio di nessuna attività. Inoltre, tra i Tavoli attivati mancano quelli di 2 regioni ‘ex emergenza’ come Lombardia e Veneto, mentre quello del Lazio è stato istuito ma mai convocato. Nel 2013 e nel 2014 si è registrato un crescente consenso sulla necessità di attuare politiche effettivamente inclusive per rom e sinti e in particolare sul definitivo superamento dei ‘campi nomadi’. Ma, come si legge nel rapporto, “il passaggio dagli impegni ai fatti risulta intermittente e in forte ritardo”.

I campi nomadi. Nonostante la Strategia si pronunci al riguardo in maniera chiara e sia documentato che i campi provocano violazione dei diritti umani, azzerano le opportunità di uscita da una condizione di marginalizzazione e siano insostenibili dal punto di vista economico (nel 2013 a Roma sono stati spesi oltre 22 milioni di euro per mantenerli), sono numerosi i Comuni che perseverano nel costruirne di nuovi. Dal 2012 (anno della Strategia nazionale), sono stati costruiti nuovi insediamenti per soli rom a Roma (La Barbuta e Best house rom, 2012), Giuliano (Masseria del Pozzo, 2013), Carpi (ex scuola di Cortile e Magazzino ex colombofila, 2014), Milano (Lombroso e Martirano, 2013 e 2014). Operazioni che hanno riguardano circa 1.600 rom e sinti, rialloggiati in queste aree con una spesa di circa 13 milioni di euro (escluse le spese di gestione). Al momento risultano inoltre in costruzione insediamenti per soli rom a Latina (Nuovo Al Karama), Lecce (Nuovo Panareo), Merano (Nuova area sinti), Cosenza (Tensostruttura). Lavori che, una volta terminati, interesseranno 350 persone per una spesa di 3,5 milioni di euro (escluse le spese di gestione). Sono state effettuate ristrutturazioni straordinarie con trasferimento temporaneo dei residenti in altra sede ad Asti (via Guerra), Savona (Fontanassa), Vicenza (via Cricoli), mentre sono programmate a Torino (via Germagnago e strada Aeroporto). In totale coinvolgono 685 persone per una spesa di 1,5 milioni di euro. Infine, sono in fase di discussione avanzata progetti per nuovi insediamenti per soli rom a Roma: (Barbuta/LeroyMerlin e Nuova Cesarina), Giuliano (Nuovo campo), Pistoia (Brusigliano), Napoli (Cupa Perillo) per un totale di circa 1.500 persone con finanziamenti in discussione per oltre 20 milioni di euro.

“In un 2014 carico di contraddizioni, ci sono alcune gocce di speranza – conclude Stasolla – : una diffusa consapevolezza tra gli aministratori sulla necessità di superare i campi nomadi, una nuova sensibilità dell’opinione pubblica nel condannare forme di razzismo e discriminazione verso i rom e un nuovo gruppo di rappresentanza incarnato da giovani rom e sinti che si stanno formando a prendere in mano la loro esistenza e quella della loro comunità”. (lp)

Da redattoresociale.it


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