Dov’è più alta la “precarietà sociale”, facendo riferimento alla convivenza tra cittadini italiani e non? Prova a rispondere il Corriere della Sera, con i dati elaborati da Fondazione Moressa.
Tasso d’acquisizione della cittadinanza, di disoccupazione straniera, differenziale Irpef tra autoctoni e non, percentuali straniere sui delitti e sui detenuti, livelli di servizi e interventi dedicati; sono questi gli indicatori incrociati dalla Fondazione per ottenere il tasso di precarietà sociale, che ci dà un’idea di dove in Italia il processo d’integrazione sia più o meno riuscito.
Il capoluogo di provincia dove l’equilibrio è più delicato sembra essere Livorno – seguito da Cremona e La Spezia, mentre il capoluogo di regione più in bilico risulta Bologna, a cui vanno dietro Trieste e Trento.
«La classifica delinea picchi di mancata integrazione al centro-nord e nelle cittadine medio piccole», leggiamo sul Corriere, che aggiunge, a proposito dell’alto tasso di precarietà sociale in centri come Trieste e Trento: «Città “smart”, intelligenti, sarebbero quelle capaci di sguardo lungo sul futuro, di miscele felici tra ambiente, tecnologie, servizi e governo locale: un altro paradosso, dunque».
Per leggere l’articolo di Goffredo Buccini sul Corriere della Sera cliccare qui: «Banlieue d’Italia».