Con Sergio Borsi ho passato, insieme ad un gruppo di colleghi e amici,una delle peggiori giornate della sua vita, un’estate del 1982 o 1983. Borsi era il segretario della federazione nazionale della stampa e avrebbe dovuto passare un giorno intero,almeno 24 ore,senza mangiare e – soprattutto – senza bere ( era agosto a Roma!).
Per aiutarlo a sopportare una tale tortura (“vedete – ci disse – sui reni ho una serie di bolle che esplodono e quindi dobbiamo capire che succede”) decidemmo di stare con lui,a fargli compagnia,nascondendoci ogni volta che qualcuno di noi di dissetava ma solidarizzando con il segretario con la rinuncia al cibo.
Fu quella l’occasione – lo ricordo benissimo – in cui ci racconto’ delle sue esperienze al Popolo, all’Avvenire, all’Ansa ma fu anche il giorno in cui gli sentii ipotizzare per la prima volta che era venuto il momento di portare un rappresentante del sindacato nei consigli di amministrazione dei giornali, a cominciare dal Cda della Rai.
Ci spiego’ che quel consigliere, però,non avrebbe dovuto avere il potere di voto ma si sarebbe dovuto limitare a fare il cane da guardia delle regole.Una proposta davvero rivoluzionaria per quel tempo ma che è rimasta soltanto una proposta. Sarebbe un riconoscimento alla lungimiranza di un importante sindacalista e dirigente del servizio pubblico se il legislatore – che si appresta all’ennesima riforma della Rai – ne tenesse conto oggi!