Venerdì 20 marzo, nella prestigiosa sede del Teatro Argentina in Roma un migliaio di giornalisti italiani si riunirà e discuterà, tra l’altro, la grave situazione della libertà di stampa e di espressione in Somalia dove Shabelle Media Network, editrice delle due emittenti, Radio Shabelle e Sky FM Radio, è stata chiusa per ben tre volte nell’arco di un anno ed i suoi esponenti sono stati tratti in arresto e condannati a pene convertibili in ingenti somme di denaro. Tutti meno uno: Mohamed Bashir Hashi che langue ancora nelle galere somale con accuse gravissime di terrorismo senza che ancora si siano indicate le prove a suo carico mentre nella sua carriera c’è l’aver diffuso la notizia della violenza sessuale ai danni di Fadumo Abdulqadir Hassan, la giornalista di Kasmo Radio (la voce delle donne) da parte di due esponenti della Polizia Politica somala: l’ufficiale Abdicasis “Africa” e il poliziotto Jebril Abdi che non sono mai stati processati.
Il protrarsi della reclusione di Mohamed Bashir Hashi deriva dal suo rifiuto di ritrattare l’intervista che fece a Fadumo e che è ancora visibile su Youtube: un rifiuto che non gli permette di lasciare il carcere.
La sua reclusione costituisce una violazione gravissima perché riguarda la libertà di stampa e di espressione – cioè fondamentali libertà civili – in una Somalia dove in tal modo si cerca anche di dissuadere le donne a denunciare gli stupri subiti. Una Somalia che, però, è sostenuta dalla comunità internazionale. Non sarà forse un caso isolato, ma è comunque una palese anomalia che un regime autoritario sia sostenuto dalla comunità internazionale.
In questi casi, in genere, ci si nasconde dietro le esigenze della governabilità.
In effetti la Somalia ha bisogno di stabilità e continuità governativa, ma è proprio il regime del Presidente Hassan Sheikh Mohamud ad aver cambiato tre primi ministri in un paio d’anni.
Dunque di stabile, in Somalia, c’è solo il Presidente Mohamud che, però, non riesce a conciliare la governabilità con la libertà di stampa e con quella di espressione. Si tratta di un’incapacità che non stupisce in chi non ha mai governato, né partecipato in alcun modo alla vita politica e neppure alla macchina burocratica prima delle elezioni parlamentari dell’agosto 2012. Stupisce invece che la comunità internazionale ne subisca supinamente le scelte autoritarie.
Da parte del Presidente Mohamud si teme che la libertà di espressione possa portare all’incitamento al crimine e, guarda caso, proprio questa è una delle accuse che il regime somalo ha addebitato a Shabelle Media Network.
Eppure il fondamento della democrazia è proprio nella diversità delle opinioni. Non c’è dubbio che, sia pure nella possibilità dell’alternanza, i regimi democratici siano stabili. E’ il non accettare l’opinione degli altri e, addirittura, impedire che gli altri possano esprimersi a radicare il totalitarismo, ma di questo totalitarismo somalo la comunità internazionale non può essere il sostegno.
Facciamo appello alle istituzioni italiane ed al Ministro degli esteri Paolo Gentiloni in modo particolare, nonché alle istituzioni europee ed al vertice della diplomazia europea Federica Mogherini affinché si faccia sentire alta la disapprovazione verso il regime somalo per il protrarsi della reclusione di Mohamed Bashir Hashi che altro non è che una forma di tortura.