“Papà c’è un tuo amico con la maschera da carabiniere!”, esclama il pargoletto quattrenne aprendo la porta agli amichetti che giungono a casa per festeggiare l’ultimo giorno di Carnevale. Il carabiniere è vero e, un po’ impacciato sulla porta, viene introdotto in mezzo alla festa per non stare al freddo; scribacchia, fa firmare e consegna un modulo al padre del piccolo, che fa il giornalista: è una convocazione per un “colloquio”, c’è scritto -slealmente- così. Inutile chiedere lumi, il carabiniere non sa; la mattina seguente il giornalista telefona ai tre numeri (!) e dopo un paio d’ore di tentativi, gli fissano l’appuntamento.
Una sorte di Walker Texas Ranger (jeans e camicia, manette dietro la cintura, pistola infilata nei calzoni) lo riceve in caserma, gli chiede di nominare un avvocato difensore, gli fa firmare una carta, dribblando qualsiasi richiesta di spiegazione, e lo accompagna all’uscita.
Il dubbio c’è e, sedutosi in auto, il giornalista scopre di essere indagato per diffamazione a mezzo stampa (art 596 bis).
Paradossalmente, chi lo ha querelato è la stessa persona che lo aveva minacciato, ingiuriato, diffamato ed aggredito (scaraventando un carabiniere su un tavolo) nel 2012; che lo aveva diffamato ed ingiuriato nel 2013 davanti a testimoni, noti ed idonei; che lo aveva minacciato e diffamato nel 2014, sempre impunemente sulla pubblica via; e che, sempre nel 2014, aveva aggredito i tre figli del giornalista (di cinque, quattro e due anni) e la moglie, al settimo mese di gravidanza, davanti -per giunta- a due vigili urbani.
Il giornalista, educato ad avere massimo rispetto delle libere istituzioni repubblicane, evitò in ogni occasione di rispondere alle suddette provocazioni, originate da una sua appassionata inchiesta sulle contraffazioni alimentari: presentò invece, da persona civile, regolari e circostanziate denunce ai carabinieri.
Quante?
A carico del suo presunto “diffamato” quattro; cinque, considerando quella presentata, nonostante l’indolenza dei carabinieri, dalla moglie del giornalista, anche per conto dei figli minori; sette, con le due presentate nei confronti del datore di lavoro del signore offeso (ingiurie, minacce, complicità nell’aggressione); si arriva a nove, annoverando le due contro ignoti (manca la foto, per il resto anche un infante intuirebbe…), per un focolaio doloso nei pressi del parcheggio e l’estirpazione della centralina Telecom, davanti alla casa del giornalista, con l’inevitabile distacco -fisico- di quella malefica ADSL…
Nove denunce in tre anni o poco più: nove!
Ebbene: di queste nove denunce non si è saputo più nulla.
Addirittura, per conoscere almeno il numero della pratica e poter indagare su come proseguono le indagini (!), il giornalista tenta, da luglio dello scorso anno (7 mesi), di leggere il suo fantomatico mod.335, quel documento, sempre lacunoso, ridondante e che ti lascia nel dubbio, che le singole Procure della Repubblica rilasciano, con bollo da € 3,68, per conoscere la propria situazione giudiziaria.
Invece, la denuncia del pluri-aggressore, pluri-millantatore, pluri-tutto, … quella sì che è stata accolta! E, di conseguenza, ne è stata avviata la procedura.
Il giornalista sa solo che è indagato per l’art. 596bis, non sa quali siano gli addebiti concreti ed ignora quale sia l’articolo incriminato: ma, siccome sta molto attento a quel che scrive e tutto archivia, recuperati gli ultimi articoli che trattano di quelle frodi, valuta che, verosimilmente, si tratta d’una querela temeraria, fatta solo per disturbare, per molestare, per stressare, per far entrare un carabiniere nella quiete domestica, inell’intimità familiare, in mezzo ad una festa di bambini, come se quel giornalista fosse un delinquente.
Il giornalista, a questo punto, parrebbe proprio un delinquente; e sapete perchè?
Non solo per questa ultima notifica; ma anche perché giorni prima, il Giovedì Grasso, ne ha ricevuta una simile (art.595 codice penale)!
Di questa sa ancora meno: carabinieri a casa, convocato in procura, nomina di un difensore ma senza nemmeno conoscere chi l’ha denunciato! Ma è la follia!
Saprà chi gli contesta cosa, quando (“Non c’è fretta!”, dice il carabiniere) verrà interrogato alla presenza del suo avvocato di fiducia (che tocca pagare).
Ed è ancora più ‘delinquente, ‘sto giornalista, perché tra l’una e l’altra notifica, in mezzo al Carnevale, un deputato del nostro Parlamento gli ha scritto questa bella mail, alle sette del mattino: “Buongiorno come stai? Ho visto che hai pubblicato quanto accaduto… Non ho nulla da nascondere ma considerato che ritengo la tua una violazione della privacy, mi recherò stamani stesso a denunciare il fatto anche perché la sfumatura che dai al pezzo è, in modo sospetto, piuttosto denigratoria. A presto.”
E’ un parlamentare o un mafioso? Quel “A presto” è volutamente intimidatorio…
Al parlamentare nulla costerà querelare il giornalista e la notifica -statene certi- sarà celere: l’ “onorevole” ha i soldi, ha il potere, ha corsie preferenziali per fare arrivare la sua denuncia là dove vuole che arrivi: a rompere esclusivamente i coglioni al giornalista, perché nell’articolo incriminato c’è solo cronaca, una chirurgica sintesi di fatti relamente accaduti.
E, intanto, il giornalista dovrà nuovamente penare, vivere con l’ansia giudiziaria, attendere anni (è già arrivato sino in Cassazione, per l’ostinazione di un poveretto), spendere soldi, impelagato in fatti di, chiamiamola così, “giustizia”.