«Io non sono razzista, ma vedendo il torneo di Viareggio dico che ci sono troppi giocatori di colore». L’ha riferito l’ex ct Sacchi, ma non è questo il punto (seppur l’esternazione si rivela più spessa se a proferirla è personaggio pubblico). In ogni caso, a tutti i soggetti che giustificano certe affermazioni bisognerebbe domandare che significa invece per loro essere razzisti. Rispondono (se lo fanno) riferendosi a odio, disprezzo, gerarchia ineguale, violenza, persecuzioni verso il razzizzato, il che corrisponde per niente affatto a ciò che provano o riferiscono. Dov’è che sta il punto? Eccolo. Se Sacchi dice «io non sono razzista, ma ci sono troppi giocatori brutti o con gli occhi azzurri» ci chiederemmo se è ubriaco fradicio perché l’affermazione, per sua natura, sarebbe folle in quel contesto.
Quando tutti noi impareremo che (anche) il colore della pelle, l’etnia, l’odore del corpo, il cibo, la religione, la sessualità, il sesso eccetera e ancora eccetera, non possono, per loro natura, essere oggetto di diversità o peggio d’anomalia, dunque eccepibili (salvo che per i fuori di testa) allora potremo dire di non essere (più) razzisti. Quanto ai criminali razzisti: sono altra cosa, altra natura proprio.