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Libia: dall’ Eni all’ Onu

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In Libia, l’Italia passa dall’Eni all’Onu. Dopo anni in cui ha cercato solo di comprare petrolio e gas a buon mercato (38% del fabbisogno), disinteressandosi della degenerazione politica del Paese, oggi il Governo chiede all’Onu di gestire la crisi delle bande dell’Is che imperversano nelle coste libiche. Intendiamoci: meglio questo, che le improvvide dichiarazioni di Gentiloni e della Pinotti, tutte improntate all’emo-politica, dove è più importante cavalcare la pubblica emotività, che ragionare sui dati della realtà. Infatti, sappiamo bene per tristi e inutili esperienze in altri scenari, che le bombe verticali dei garanti non sedano gli odi orizzontali tra belligeranti.

Occorrono i tavoli faticosi con  chi vuol discutere, apparecchiati con fondi per la ricostruzione da mediatori esperti. Che gettino secchiate di speranza sui fuochi dell’odio.  Solo così si separano i dialoganti dai tagliagole, premessa indispensabile per il loro isolamento anche tra la popolazione. Invece le bombe stupide che cadono anche sugli innocenti fanno vedere agli occhi della gente le bande nere del’Is come i vendicatori dei lutti subiti.
Non sappiamo come evolverà questa emergenza, ma sappiamo che non dovremo più trattare la Libia come una colonia energetica, perché contribuire al suo ordinato sviluppo significa pacificare il Mediterraneo.
Cioè, il pianerottolo dell’Europa.

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