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Il genocidio del popolo armeno 1894/1896 – 1915/1918

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di Luigi Rigazzi

Occuparsi del genocidio del popolo armeno – a un secolo dalla tragedia immane che si è perpetrata ai confini della nostra realtà europea – è una necessità non meno dell’interesse di documentare e fare memoria che ha mosso gli studiosi e l’opinione pubblica nei confronti della Sho’à. In particolare è sentito come dovere dalla redazione della rivista Qol, che da trent’anni si occupa di ebraismo e dello sterminio degli ebrei: un modo di allargare l’orizzonte della sua ricerca e soprattutto di sensibilizzare l’opinione pubblica sia italiana che internazionale sull’argomento, ancora poco conosciuto e studiato. Si tratta del secondo evento che ha avuto questa denominazione, dopo il genocidio degli Herero per mano dell’esercito tedesco al comando del Generale Lothar von Trotha tra il 1904 e il 1907 in Namibia. Ma il termine genocidio[1] è stato coniato per la prima volta da un giurista ebreo polacco, Raphael Lemkin nel 1944 (che nella Sho’à aveva perso 49 familiari), per designare il massacro del Popolo Armeno.[2] Esso riguarda una popolazione dalla lunga storia e civiltà, cristiana dai primi secoli dell’era volgare: gli Armeni hanno popolato l’Anatolia e il sud del Caucaso per oltre 3.500 anni e la loro nazione  nel 301 d.C. fu la prima ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato. Nel 451 d.C., dopo il Concilio di Calcedonia a cui non partecipò, costituì una propria chiesa, indipendente dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa, la Chiesa Apostolica Armena. Sin dall’antichità la storia di quest’ultima coincide con quella dell’Armenia… Continua su confronti.net


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