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Mattarella, un discorso rivolto al Paese

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È mattina presto, a Roma piove e il cielo nuvoloso sembra essere foriero di brutte notizie. È freddo, ma d’altronde siamo a febbraio e la cosa non sorprende. Quando finisce di parlare Mattarella, il clima non è molto migliore ma basta osservare i sorrisi e gli applausi convinti dell’Aula per rendersi conto che questo presidente di poche parole e molti fatti ha saputo toccare le corde giuste.

Un discorso pacato ed intenso, rivolto al Parlamento ma, soprattutto, al Paese, capace di farsi apprezzare da tutte le sensibilità, al punto che anche i grillini e i leghisti, alla fine, hanno applaudito e, forse, dentro di loro, si saranno detti: chissà che non ci sorprenda!
Un discorso partigiano, ricco di passaggi legati alla Resistenza e alle origini della Repubblica, a quella battaglia eroica che il presidente Ciampi definì il “secondo Risorgimento” e che ci riporta alla mente i costanti riferimenti di un altro presidente: quel Sandro Pertini che la Resistenza l’ha vissuta sulla propria pelle e l’ha elevata a momento costitutivo e fondativo della nostra Costituzione democratica e antifascista.

Un discorso in cui, non a caso, spiccano i temi del lavoro e dell’occupazione giovanile, la necessità di restituire dignità e speranza a chi maggiormente ha sofferto la crisi e l’importanza di ricucire un tessuto sociale sfibrato ed estenuato dalla sofferenza di chi si sente escluso.
Un richiamo forte alla politica, affinché torni fra la gente e ritrovi il coraggio di una decisione condivisa, concordata e accompagnata da una discussione all’altezza del percorso riformista cui, giustamente, ha fatto riferimento, sottintendendo anche la necessità di evitare eccessivi strappi e forzature.
Senza dimenticarsi del sacrificio delle forze armate e della tragedia dei due marò, ancora alle prese con l’ottusità della giustizia indiana; e senza tralasciare un omaggio al piccolo Stefano Gaj Taché, un ebreo italiano vittima di un attentato alla sinagoga di Roma, spunto ideale per commemorare il settantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz e ribadire la nostra assoluta contrarietà verso ogni barbarie terroristica,  a cominciare dall’orrore dell’ISIS, le cui milizie si formano anche fra le sacche di esclusione ed indigenza che caratterizzano il lato oscuro e inaccettabile della nostra comunità.

E un discorso che non ha omesso un importante riferimento alla libertà d’informazione, al valore del pluralismo e del diritto dei cittadini ad essere informati: un passaggio quasi scontato per un uomo che nel ’90 si dimise per marcare un netto disaccordo sull’approvazione della Legge Mammì che, di fatto, spianò la strada al berlusconismo, vulnus dell’ultimo ventennio da molti sottovalutato e da pochi denunciato con il dovuto vigore e la dovuta intensità.
Infine, per onorare la sua storia e la memoria del fratello Piersanti, un accorato appello contro il cancro della mafia e della corruzione: due forme diverse ma complementari di inciviltà, di odio verso la collettività e di assoluta mancanza di rispetto per un Paese che ha, invece, un disperato bisogno di giustizia e legalità per riscoprirsi integro e ritrovare la forza di guardare al futuro.
Una volta lasciata la Camera dei Deputati, il consueto passaggio al Vittoriano per un saluto all’Altare della Patria e l’arrivo al Quirinale, sua residenza per i prossimi sette anni.
Forse, in una delle stagioni più buie della nostra storia, è spuntato un raggio di sole.


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