Ho conosciuto l’allora professore universitario Sergio Mattarella nel 1983 quando “Il Popolo”,il giornale della Democrazia cristiana del quale ero redattore, mi incaricò di seguire la sua prima campagna elettorale per la Camera dei deputati. Il segretario Ciriaco De Mita era riuscito a convincerlo ad impegnarsi sacrificando la cosa cui teneva di più: l’insegnamento.
E’ facile oggi dire che per me fu un’esperienza bellissima ma ricordo che sul momento ero piuttosto preoccupato.
Mattarella era giustamente considerato l’uomo che avrebbe continuato il lavoro del fratello Piersanti. E le organizzazioni mafiose ne erano ben consce.
Rimasi in macchina con lui e con il suo segretario per tre giorni, ci siamo infilati in tutte le piazze e i vicoli di Palermo ma ogni volta che ci fermavamo ad un semaforo rosso e per caso una moto si avvicinava alla nostra auto – lo ammetto – tremavo. Mi colpiva,invece,la sua estrema serenità e la grande ironia.
Scendeva dalla macchina e si immergeva in mezzo alla gente senza prendere in alcuna considerazione i rischi che potevano derivarne.
Ma che Mattarella stava facendo qualcosa di veramente diverso per la politica e per la Sicilia lo vidi, plasticamente, una certa mattina al Politeama.
Lui era salito alla tribuna per parlare di fronte ad un teatro stracolmo e io e il suo segretario rimanemmo ad aspettarlo in fondo, vicino all’entrata. Si avvicina un uomo di mezza età – ricordo che aveva giacca, camicia e cravatta di tre variazioni di marrone diverse e una lobbia dello stesso colore – e si rivolge al segretario – in un siciliano che potevo capire anche io – così: “Sai,ho deciso che i miei voti, i miei pochi voti – sottolinea con falsissima modestia – a Mattarella non glieli porto. Perché vedi…non mi è piaciuto il MODO in cui me li ha chiesti”.
Risaliamo tutti e tre in macchina e il segretario, racconta l’episodio a Mattarella che, non sorpreso e serenissimo, replica: “Ma io non glieli ho chiesti!”.
Era evidente che tutta una parte di chi si era sempre sentito protagonista – purtroppo protagonista – della politica siciliana doveva adattarsi a venire emarginata. E li’ stava il rischio,quella era la scelta che era stata fatta pagare a suo fratello.
In quei giorni ho avuto modo capire cosa significano per lui le regole, i principi non trattabili. Tra questi c’è indubbiamente l’articolo 21 della Costituzione, la libertà di stampa. E allora cerchiamo di capire meglio quello che successe con l’approvazione della legge Mammi’.
Molti lo ricordano come un atto contro Berlusconi ma non è esattamente così.
Mattarella e gli altri quattro ministri dimissionari contestarono innanzitutto la decisione “di mettere la fiducia” sul provvedimento. L’attuale Capo dello Stato dichiaro’: “Riteniamo che porre la fiducia per violare una direttiva comunitaria sia in linea di principio inammissibile”.
E la direttiva riguardava il pluralismo dell’informazione!
Dunque la violazione di una regola,uno strappo inammissibile. Oggi posso solo immaginare che tipo di Presidente sarà Sergio Mattarella. Ma posso anche essere certo, però,che se a Moro fosse stato chiesto di disegnare il profilo di un moroteo ne sarebbe uscito il ritratto di questo professore.