Nei libri abita il libero pensiero umano, nemico senza eguali delle dittature oscurantiste, per questo quella di bruciarli è scelta antica, che va dalla distruzione della biblioteca di Tebe a Diocleziano, da Girolamo Savonarola all’inquisizione, dalla Germania Nazista di Hitler al Cile di Pinochet o all’Argentina di Menéndez, sino a oggi a Mosul, dove insieme al martirio di uomini inermi sono state devastate le biblioteche, arrestati i librai e distrutti nei roghi i testi considerati infedeli dai fondamentalisti islamici, per compiere l’orrore: la pulizia della mente.
L’olocausto pubblico delle parole in ogni epoca avviene per mano di chi ritiene i libri pericolosi, ed è effettivamente così, sono un arma infallibile contro i regimi, il fanatismo, la tirannia, le persecuzioni, l’intolleranza, la censura, il male.
Bertolt Brecht, ne era profondamente convinto:
“Quando il regime ordinò che in pubblico fossero arsi i libri di contenuto malefico e per ogni dove
furono i buoi costretti a trascinare
ai roghi carri di libri, un poeta scoprì
– uno di quelli al bando, uno dei meglio – l’elenco studiando degli inceneriti, sgomento, che i suoi libri erano stati dimenticati. Corse al suo scrittoio, alato d’ira
e scrisse ai potenti una lettera.
Bruciatemi!, scrisse di volo, bruciatemi! Questo torto non fatemelo! Non lasciatemi fuori! Che forse la verità non l’ho sempre, nei libri miei, dichiarata? E ora voi
mi trattate come fossi un mentitore! Vi comando:
bruciatemi!”