La “vigilanza dinamica” prevede la libera circolazione per otto ore al giorno. Secondo il sindacato autonomo della polizia penitenziaria Sappe, “in un anno di sperimentazione le aggressioni sono aumentate del 100%”. Contraria Antigone: “Non possiamo permetterci passi indietro”
MILANO – Sospendere l’apertura giornaliera delle celle nelle carceri italiane. È la richiesta del Sappe, il Sindacato autonomo della polizia penitenziaria. “Ci sono aggressioni agli agenti ogni giorno, in un anno di sperimentazione sono aumentate del 100%“, afferma il segretario generale del sindacato, Donato Capece. “Sono aumentati i soprusi tra detenuti, aumentano le risse e i casi di violenze, sequestriamo ogni giorno materiale che arriva in carcere. La situazione è ingestibile: è arrivato il momento di dire basta”, dichiara Capece.
Il progetto che prevede questo nuovo modello di carcere si chiama “vigilanza dinamica”: prevede la libera circolazione nelle sezioni e l’apertura delle celle per otto ore al giorno, con gli agenti che non devono più restare di guardia ad ogni singola cella ma a zone di passaggio dei detenuti. Questo modello è già prassi nelle carceri europee: “Sono assolutamente contrario a che si torni indietro alla marcatura ad uomo del detenuto: è deresponsabilizzante – commenta il presidente dell’associazione Antigone Patrizio Gonnella -. Non è un progetto che l’Italia s’inventa perché è un Paese particolarmente avanzato. Anzi, ci stiamo adeguando alle regole europee perché il nostro modello è retrogrado”.
Su un punto Sappe e Antigone convergono: l’apertura delle celle, di per sé, non basta. “Se i detenuti stanno ad oziare, il progetto è fallimentare”, afferma Capece. “Bisogna riempire la vita dei detenuti di attività che siano utili per la loro formazione. Solo in questo modo si rende il carcere un luogo che assomiglia alla vita normale”, aggiunge Gonnella. Uno dei problemi è legato ai fondi: la Commissione Smuraglia, che finanzia i progetti in carcere, il 30 dicembre 2014 ha subito un taglio del 34%. “Più in generale è necessario che sul tema del lavoro e delle attività in carcere ci sia una forte regia del Ministero della Giustizia”, sostiene Gonnella.
Sul modo di condurle, le posizioni tornano a divergere. Per Capece “devono essere chiuse le sezioni, le attività devono essere svolte all’esterno” e ci devono essere “meccanismi di premialità” che regolino la possibilità per i detenuti di uscire dalla cella. “Premialità che significa? – si chiede Gonnella – Se un detenuto ha maggiore libertà e aggredisce qualcuno avrà sicuramente sanzioni, in ogni caso”. Secondo Gonnella “non può essere trasformato in beneficio da meritare, ciò che è un diritto”, come la possibilità di stare fuori dalla cella. In più, per Gonnella, sul medio lungo periodo “la vigilanza dinamica darà anche più soddisfazioni agli agenti di polizia penitenziaria che non vedranno il loro lavoro ridursi ad aprire e chiudere le celle”. Le esperienze di carceri come Bollate, dove le celle restano aperte già da anni, insegnano poi che il tasso delle aggressioni si riduce con il tempo.
Capece ribadisce però la necessità di fermare dopo un anno la sperimentazione per puntare su altro. Come ad esempio misure per svuotare le carceri: ci sono 22 mila detenuti con una pena minima già definitiva che dovrebbero scontarla con misure alternative. “La vigilanza dinamica è stata introdotta solo per dire che rispettiamo la sentenza Torreggiani, ma è vero solo sulla carta”, precisa Capece. Il Sappe annuncia per dare corpo alle sue richieste una manifestazione nazionale davanti al ministero di via Arenula per i prossimi giorni.
Il garante non conferma. Alessandra Naldi, garante dei detenuti di Milano, non è d’accordo su quanto afferma il Sappe circa l’aumento delle aggressioni sugli agenti dall’inizio del progetto di vigilanza dinamica un anno fa. “A quanto mi risulta non sono aumentati i casi di aggressione agli agenti penitenziari”, afferma. (lb)