Non so se Vittorio Feltri abbia visto, ieri, la foto che stamani fa bella mostra in prima pagina del Pais. Mostra Tsipras che abbraccia Iglesias (Podemos) e arringa la folla di Atene con il pugno alzato. Fatto sta che il fondo di Feltri recita: “L’alternativa al Nazareno è solo un patto Stalin”. Il fantasma del “baffone” è lontanissimo dal cuore e dalla mente dei due giovani leader della sinistra europea, semmai qualche stalinista imbolsinito si ripara all’ombra del Nazareno. Però il Re è nudo: tutti capiscono che non ci sarà crescita, futuro, né democrazia se l’uno per cento dei ricchissimi pesa più del 99% e umilia ceto medio ed elettori. La destra ha paura.
I giornali economici – Financial Times, Sole24Ore – dicono che i “mercati” non si aspettavano così tanto della BCE. 1.140 miliardi in due anni, 60 al mese, da investire in titoli di stato. L’euro già costa meno ed è una buona notizia per gli esportatori. Gira più denaro e questo potrebbe sciogliere i geli della deflazione. Draghi ha fatto ciò che aveva promesso e tutto quel che poteva fare, ma i rischi (connessi all’acquisto dei titoli di debito) saranno assunti solo per il 20% dalla BCE, l’80% peserà sulle banche nazionali.
Tocca dunque ai governi. I quali dovranno spendere bene il denaro che gli piove addosso, dunque riforme. A casa nostra rendere efficiente la Pubblica Amministrazione, ridurre la corruzione, darsi una vera politica industriale. E non basta, perché se Bankitalia si mette in pancia troppi titoli a rischio, prima o poi sarà necessario rinegoziare gli accordi tra creditori e debitori. Cioè di “ristrutturare” il debito, questione posta da Tsipras. Di queste cose hanno discusso a Firenze Merkel e Renzi? Le veline date ai retroscenisti non illuminano “Angela stai tranquilla, mi devi sopportare”, “Matteo, non scordare le riforme”. Fuffa!
Repubblica: “Pd, rissa su Italicum e 101”. Corriere: “Scontro nei Dem, la sinistra alza il tiro: il segretario guidò i 101 di Prodi”. Cominciamo dall’Italicum. Il governo ha bocciato un emendamento Ricchiuti, Mineo, Tocci che sfidava la maggioranza a prevedere “primarie” per legge e per tutti, poi ha fatto suo un ordine del giorno con cose simili. Commento della Ricchiuti in aula: “il mio partito è alla frutta”. Mucchetti aveva presentato un emendamento su “ineleggibilità e incompatibilità dei parlamentari” e la senatrice Fedeli lo aveva sottoscritto. Ma la Fedeli presidente del Senato in sostituzione di Grasso, ieri ha dichiarato il suo proprio emendamento “inammissibile”. Misteri nazareni. Terzo atto: Tocci, ieri pomeriggio ha avvertito l’aula che i 29 “dissidenti” non avrebbero partecipato al voto dell’emendamento Finicchiaro, necessario per riordinare l’Italicum dopo il blitz ad altissima velocità Boschi-Esposito. Risultato? Tutti a nanna presto, nonostante fosse prevista una seduta a oltranza. Di notte, infatti, sarebbero potuti mancare i Verdini, Ghedini, Rossi, gran signori del Cavaliere, senza i cui voti la maggioranza non sarebbe più tale. Chiaro,no?
101 e Renzi. Quello che consta l’ho scritto ieri. Matteo ha organizzato la sua frazione contro Marini e Bersani ed è stato lesto a incassare il dividendo dei 101, annunciando per primo che Prodi era ormai bruciato. Ha dunque “capeggiato i 101”? Certo li ha usati per eliminare Bersani. Mentre Fassina ha votato, ligio, sia Marini che Prodi. Il punto però è un altro: i 101 tradirono in nome delle larghe intese e del governo con Berlusconi. Oggi – lo dice Cuperlo a Repubblica – è forte il rischio che “il partito della Nazione debba risolversi in una balena centrista relegando ai margini chi non si omologa”. Tutto qui. E alla luce di quanto detto emerge, nonostante le novità interessnti delle ultime ore, l’insostenibile leggerezza delle sinistre Pd. Altan: “Basta, al 3 facciamo saltare tutto. Uno, due.. Due e mezzo, due e tre quarti..” Basta penultimatum, la minoranza deve sfidare Renzi sui fondamenti della sua politica: Europa, sinistra, lavoro. Non per cattiveria o spirito di frazione, ma perché tutto sta cambiando intorno a noi: il quadro politico, economico e sociale, l’Europa, i rapporti internazionali.
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